Inquinamento, sfruttamento delle risorse, ecosistemi distrutti, abbattimento delle foreste (considerate il nostro antivirus naturale), emissioni sono tutte cose che aiutano lo scoppio e la diffusione delle epidemie. Il Wwf, nel suo rapporto, spiega che tra le malattie che stanno terrorizzando il nostro Pianeta e l’enorme perdita di natura esiste un legame strettissimo. Queste “catastrofi”, infatti, non sono del tutto casuali, ma la conseguenza indiretta del nostro impatto sugli ecosistemi naturali.
Un gruppo di ricercatori italiani ha spiegato come le emissioni causate dall’uomo, funzionino da vettore di trasporto per molti contaminanti chimici e biologici, inclusi i virus che si attaccano a queste particelle inquinanti, permettendogli di rimanere nell’atmosfera anche per settimane, veicolandone la diffusione e il trasporto anche sulle lunghe distanze. Il team di scienziati ha poi tracciato le relazioni tra la diffusione del Coronavirus in Italia e i livelli di inquinamento e le analisi sembrano dimostrare che, in relazione al periodo 10-29 Febbraio, concentrazioni superiori al limite di Pm10 in alcune province del Nord Italia abbiano agito da amplificatore alla diffusione virulenta dell’epidemia.
Altre ricerche parlano di una “cintura del Coronavirus”, cioè una fascia climatica in cui il Covid-19 è stato capace di proliferare. Gli studi hanno dimostrato che in aree dove le “temperature medie sono tra i 5°C e gli 11°C e l’umidità tra il 47% e il 79%, la malattia è esplosa in modo più grave”. Queste condizioni climatiche, grazie anche ai cambiamenti climatici, sono condivise da Nord Italia, Sud Corea, Francia, Germania, Iran, area nord pacifica degli Stati Uniti e Wuhan. Le zone a rischio a causa della loro vicinanza con la Cina non hanno sperimentato effetti simili perché il virus sopporta meglio il freddo, avendo un rivestimento di grassi che si degrada quando la temperatura aumenta. Allo stesso tempo, il coronavirus non è particolarmente virulento quando la temperatura cala sotto gli zero gradi, lasciando supporre la difficoltà di sopravvivere a un freddo più rigido. Tutti questi studi hanno portato a dire che probabilmente, se non ci saranno altre variazioni nel virus, l’estate dovrebbe far migliorare sensibilmente la situazione.
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