Gli arresti e le dinamiche di Cosa Nostra tra il Catanese e il Ragusano sono al centro l’inchiesta antimafia della Dda di Catania, coordinata dal procuratore aggiunto Sebastiano Ardita e dal sostituto Gabriele Fragalà, con l’esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere per 16 indagati da parte di Carabinieri e Guardia di finanza. Militari del comando provinciale dell’Arma di Ragusa hanno arrestato 12 persone e le Fiamme gialle etnee hanno eseguito l’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di altri quattro indagati. L’inchiesta, denominata “Fenice” si basa su indagini, dal 2016 al 2023, di Carabinieri del nucleo Investigativo di Ragusa e del nucleo di Polizia economico finanziaria di Catania.
I nomi degli arrestati
Ecco i nomi degli arrestati: Giuseppe Amore, Francesco Bella, Orazio Mattia Bella, Gianluca Di Natale, Mauro e Roberto Gesso, Raffaele Giudice, Roberto Greco, Emanuele Greco, Nuccio Greco, Eugenio Gulizzi, Giuseppe Licata, Maurizio Piedigaci, Roberto Salerno, Gaetano Valenti, Filadelfo Zarbano.
Le indagini e il gruppo criminale
Secondo le indagini un gruppo che avrebbe perpetrato una serie indeterminata di delitti, contro l’’incolumità individuale, la libertà personale, il patrimonio, e acquisito, in modo diretto o indiretto, la gestione o comunque il controllo di attività economiche, con particolare riferimento al settore della produzione e commercializzazione di imballaggi per prodotti ortofrutticoli.
La azioni intimidatorie
Per la Procura a “riscontro della sua operatività sarebbero emersi collegamenti con altri gruppi mafiosi, inclusi i clan Santapaola-Ercolano di Catania, Nardo di Lentini (Siracusa) e Rinzivillo di Gela (Caltanissetta)”. Il gruppo, contesta la Procura distrettuale etnea, avrebbe anche commesso “azioni intimidatorie nei confronti di pregiudicati di Vittoria per pagare partite di droga fornite da altri clan” che si era rivolti a loro per il recupero credito.
Il caso Vittoria
Il settore della produzione e commercializzazione di imballaggi per prodotti ortofrutticoli a Vittoria, nel Ragusano, era un affare del clan. La cosca guidata da Greco, con i figli Nuccio e Alberto, contesta la Dda, avrebbe avuto la gestione degli affari imprenditoriali nel settore degli imballaggi, facendo uso degli strumenti propri dell’assoggettamento mafioso e avvalendosi del proprio riconosciuto carisma criminale nell’ambiente della fornitura del packaging per influenzare e condizionare la libera concorrenza. In questo modo, osserva la Procura, si sarebbero imposti come intermediari bypassando di fatto il provvedimento di sequestro di beni e disponibilità del valore complessivo di 35 milioni di euro, emesso dal Tribunale di Catania, su richiesta della Dda etnea, nei confronti di Emanuele Greco, che aveva riguardato anche svariate società.
Dalle indagini, compiute dal 2016 al 2023, di Carabinieri del nucleo Investigativo di Ragusa e di militari del nucleo di Polizia economico finanziaria di Catania, sarebbe inoltre emersa “la collusione di imprese attive nel settore della commercializzazione di prodotti petroliferi che, grazie alla rete di relazioni di Emanuele Greco, sarebbero riuscite ad approvvigionarsi di carburante di provenienza illecita, così accrescendo il proprio giro d’affari potendo contare sulla competitività derivante da carburanti a basso costo».
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