Sono trascorsi due anni dalla morte di Loris Stival, il bambino di 8 anni ucciso nella sua abitazione di Santa Croce Camerina il 29 novembre del 2014. Per la Procura di Ragusa, e per il Gup Andrea Reale che l’ha condannata a 30 anni di reclusione, a ucciderlo strangolandolo con delle fascette di plastica è stata la madre: Veronica Panarello, 28 anni. La sentenza, emessa il 17 ottobre a conclusione di un processo celebrato col rito abbreviato condizionato a una perizia psichiatrica, è per il momento soltanto un dispositivo, perché le motivazioni non sono state ancora depositate.
Le continua a proclamarsi innocente e lo ha ribadito al suo legale, l’avvocato Francesco Villardita. Due anni di indagini, di svolte improvvise e colpi di scena. Conclusisi con la condanna della donna, che ha cambiato quattro volte versioni dal quel drammatico 29 novembre del 2014, quando denuncia la scomparsa di Loris. “L’ho accompagnato a scuola”, denuncia Veronica Panarello, ma “all’uscita il bambino non c’era”.
In realtà, per i giudici, Loris non è andato a scuola quel giorno, ma è rimasto a casa, dove la madre, ritornando dall’avere portato all’asilo nido il figlio più piccolo lo avrebbe assassinato. Le indagini di polizia Stato, squadra mobile e carabinieri si concentrano sulla scomparsa, fino al pomeriggio dello stesso giorno quando il corpo del piccolo viene trovato nel canalone di contrada Mulino Vecchio dal ‘cacciatore’ Orazio Fidone, entrato e uscito dall’inchiesta. Il sospetto è quello di un ‘orco’, ma le indagini portano a una ricostruzione ancora più drammatica: è stato ucciso dalla madre. Sono le telecamere del paese in una sorta di ‘grande fratello’ a spingere contro di lei: non la inquadrano a scuola quel maledetto sabato.
Veronica Panarello mente per la Procura di Ragusa, per ‘proteggere se stessa’, scriveranno Gip, Tribunale del riesame e Cassazione. Ed è lei durante i due anni a smentire se stessa: passando da una versione (“l’ho accompagnato a scuola e all’uscita non l’ho trovato”) all’altra (“no, e’ rientrato a casa, senza andare a lezione, ma non ricordo altro”. Per poi sostenere che “è stato un incidente, è morto mentre stava giocando con delle fascette”. Fino alla sua ultima verità: “L’ha ucciso mio suocero, Andrea Stival, per impedirgli di rivelare che era il mio amante”. Alla quale non crede neppure suo marito Davide Stival al quale “è crollato il mondo addosso”. E neppure il Gup che la condanna e dispone la trasmissione degli atti alla Procura per il reato di calunnia della donna nei confronti del suocero.
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