Da Roma a Palermo per urlare contro il patriarcato. Oltre mille persone hanno unito le forze per smuovere la coscienza collettiva: Troppi femminicidi, troppe violenze di genere e poca concretezza sul tema. Il raduno, coordinato dal movimento Non Una Di Meno, è partito da Palazzo d’Orleans per raggiungere piazza Sant’Anna, punto d’arrivo. La “marea transfemminista” ha portato, tra le strade del capoluogo, un solo grido contro la violenza maschile che in Italia ha provocato 106 vittime nel 2024.

“Questi temi sono di responsabilità collettiva – sottolinea un’attivista poco prima della partenza del corteo – e hanno bisogno di azioni pratiche e concrete come ha fatto il movimento Non Una Di Meno”

Il fucsia il colore predominante indossato dalle attiviste con maglie e foulard su cui sono riportati i nomi delle 104 donne assassinate quest’anno. Poi ancora, migliaia di cartelloni in mezzo alla folla: “Lo stupratore non è un malato è figlio del patriarcato”.

“Contro il razzismo istituzionale”

Sono stati una decina di interventi posti a sensibilizzare i presenti prima che il corteo si mettesse in moto: “Le parole del ministro Valditara confermano l’urgenza di scendere in piazza. Il patriarcato esiste, non è ideologia e il razzismo istituzionale non è la risposta” – sottolinea  un’attivista -. “L’assassino, il violento, l’abusante sono figli della nostra società e hanno quasi sempre le chiavi di casa” – si ascolta in un altro intervento -.

Le motivazioni della protesta

La protesta si concentra su diverse tematiche interconnesse. Non Una Di Meno denuncia la “logica geopolitica” che relega in secondo piano la lotta contro la violenza e la cultura dello stupro. La militarizzazione dei territori, i tagli ai servizi essenziali come scuola e sanità, e la devastazione ambientale sono visti come elementi di un sistema che alimenta la violenza. Un’attenzione particolare è rivolta al conflitto israelo-palestinese, con una forte condanna del “genocidio del popolo Palestinese” e la repressione di chi manifesta solidarietà alla Palestina.

I femminicidi e la giustizia

Un altro punto centrale della mobilitazione è la denuncia dei femminicidi, transcidi e lesbicidi. Nel 2024, il numero di vittime ha raggiunto la cifra allarmante di 104. Mentre si conclude il processo per il femminicidio di Giulia Cecchettin e a Palermo arriva la condanna per lo stupro di gruppo, un altro caso sconvolge l’opinione pubblica: una tredicenne uccisa dal fidanzato quindicenne. Non Una Di Meno critica il sistema giudiziario, accusandolo di non affrontare le radici della violenza di genere e di sottoporre le vittime a ulteriori violenze, tra cui la “narrazione tossica mediatica” e la “vittimizzazione secondaria”. Le attiviste ribadiscono che le sentenze esemplari non sono sufficienti e che è necessario un cambiamento culturale profondo.

La vergogna non è delle vittime

Davanti al tribunale di Palermo, campeggiano scritte che esprimono la rabbia e la frustrazione delle vittime. “104 femminicidi e i processi li fate alle vittime” e “La vergogna è vostra, tribunali stupratori” sono alcuni dei messaggi apparsi. La testimonianza di Giselle Pellicot, vittima di stupri per anni con la complicità del marito, mette in luce la normalizzazione della violenza all’interno delle famiglie. Pellicot denuncia la difficoltà di essere credute e la tendenza a difendere gli aggressori, spesso descritti come “uomini eccezionali”. La sua lotta è diventata simbolo della battaglia di tutte le vittime di violenza.

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