Tornano in libertà Vincenzo e Liborio Abbate, imprenditori attivi nel settore delle pulizie generali di edifici ai quali vengono contestati, a vario titolo, i reati di bancarotta fraudolenta, omesso versamento di IVA e sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte. I due imprenditori palermitani sono stati arrestati il 29 gennaio scorso dai militari del gruppo di Palermo della Guardia di Finanza.
Per i due palermitani arriva l’annullamento della misura cautelare degli arresti domiciliari da parte del tribunale del riesame. Vincenzo Abbate, 49 anni, difeso dagli avvocati Roberto Mangano, Antonio Atria e Cettina Coppola e il fratello Liborio, 53 anni, difeso dall’avvocato Marco Giunta, tornano dunque in libertà.
I domiciliari erano stati disposti dal gip del tribunale di Palermo. Con lo stesso provvedimento sono stati sequestrati beni e denaro per 650 mila euro e l’intero capitale sociale e relativi beni aziendali di 3 società per oltre 1 milione e 700 mila euro. Le indagini svolte dagli investigatori del Gruppo di Palermo nel corso dell’operazione “Clean Up” avrebbero fatto emergere un complesso e articolato “sistema di società”, pensato e realizzato da un’unica regia riconducibile ai due fratelli, “nell’ambito del quale – spiegano gli investigatori – le persone giuridiche coinvolte erano una la continuazione aziendale dell’altra, con analogo oggetto sociale, soci e coincidenza di sedi operative e assets aziendali.
Gli indagati, secondo uno schema illecito reiterato nel tempo, avrebbero svuotato e poi messo in stato d’insolvenza l’impresa originaria sorta nel 1986, mediante la creazione di una rete di società, formalmente controllate dalla prima e soggette a una direzione unitaria da parte dei fratelli imprenditori, alle quali sono stati ceduti beni societari e rami d’azienda. È coinvolta nelle indagini, anche se non colpita dal provvedimento cautelare del 29 gennaio anche la madre degli imprenditori, M.C. 77 anni, che era formalmente, dal 2016, a capo della società poi fallita.