La terza sezione della Corte di appello ha confermato la precedente sentenza del tribunale di Termini Imerese che aveva inflitto 5 anni al sacerdote Vincenzo Esposito, 64 anni originario di Caltavuturo con l’accusa di induzione alla prostituzione minorile. La sentenza, come riporta il Giornale di Sicilia, riforma in parte la decisione emessa il 22 giugno 2020 dal tribunale, appellata dall’imputato ma anche dalle parti civili. Il prete dovrà anche risarcire un’altra persona offesa che era stata esclusa nel primo giudizio e dovrà anche pagare le spese processuali.
Intercettato dai Carabinieri
Al momento don Esposito domiciliari a Termini Imerese. I legali Giovanni Di Trapani e Renato Vazzana hanno già preannunciato il ricorso alla Corte di Cassazione contro il reato contestato all’assistito. I carabinieri della compagnia di Termini Imerese lo hanno intercettato mentre effettuava delle video chiamate hard con quattro ragazzini di 16 e 17 anni. In cambio dava loro dei soldi, tramite ricariche telefoniche o Postepay. Sotto inchiesta finì anche la madre di uno dei ragazzini: secondo l’accusa sapeva cosa stava accadendo e avrebbe indotto il figlio a prostituirsi con il sacerdote. I versamenti di denaro, da parte del prete in favore dei giovani erano di piccolo taglio, dieci, venti o trenta euro per vedere in chat immagini a sfondo sessuale.
L’indagine nata per caso
Don Vincenzo Esposito era stato arrestato dai carabinieri nel mese di agosto del 2021, insieme alla madre di una delle presunte vittime. Una inchiesta nata per caso, quando i militari avevano captato alcune telefonate nell’ambito di un’altra indagine. Esposito, quando venne arrestato esercitava il ministero in provincia di Perugia, ma in passato era stato non solo a Termini Imerese, ma anche al Buccheri La Ferla.
I legali andranno in Cassazione
Le vittime assistite in primo e secondo grado dagli avvocati Francesco Paolo Sanfilippo, Giuseppe Canzone e Caterina Intile, sarebbero state tutte in una condizione di grave disagio economico e avrebbero utilizzato il denaro per spese frivole come tagliarsi i capelli o andare a mangiare una pizza. “Ci sono a nostro avviso – dichiarano gli avvocati difensori Di Trapani e Vazzana – i presupposti per produrre ricorso in Cassazione e ribaltare la sentenza della Corte di appello”.
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