I resti ricomposti del corpo di San Benedetto il Moro

Verso il Festino, esposte le reliquie del Santo Moro, ecco dove

Il ritorno di San benedetto il Moro, un simbolo di accoglienza ed integrazione. Dopo quasi un anno dal devastante incendio che ha distrutto la chiesa santa Maria di Gesù, i frati minori di Sicilia, con l’aiuto di esperti e studiosi, hanno ricomposto con cura i resti mortali di San Benedetto il Moro, patrono della città insieme a Santa Rosalia.

Le ossa ricomposte sono state sistemate in una teca di vetro e saranno esposte alla venerazione dei fedeli per la prima volta a partire da giovedì 11 luglio presso la cattedrale di Palermo. L’evento, è parte del triduo in preparazione alla solenne festa di Santa Rosalia, un’occasione per celebrare la storia e i valori della città.

La storia di San Benedetto il Moro

San Benedetto il Moro, nato a Sanfratello nel 1524 da schiavi deportati dall’Africa, fu liberato da Girolamo Lanza, eremita e poi frate francescano a Santa Maria di Gesù di Palermo. Morì nel 1589 e fu proclamato compatrono della città nel 1652. Il suo esempio di uomo libero e accogliente verso tutti, dia confratelli poveri, dalle donne ai nobili, lo ha reso simbolo di riscatto, di accoglienza e di integrazione, come sottolinea il professor Pietro Sorci, docente presso la facoltà teologica di Sicilia.

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“Rosalia e Benedetto costituiscono i due bastioni della città – spiega Sorci – molto bene rappresentati dal monte Pellegrino e dal Monte Grifone che abbracciano la città, la Conca d’oro e il golfo di Palermo. Essi simboleggiano la diastole e la sistole del cuore della città: Rosalia significa la liberazione e l’allontanamento della peste, della mafia e di tutto ciò che la inquina, la deturpa e l’avvilisce; Benedetto l’accoglienza e l’integrazione dei poveri, degli schiavi e degli immigrati provenienti da altri paesi, continenti e culture – poi continua – La celebrazione del quinto centenario della nascita del Santo Moro e del quarto centenario del ritrovamento delle reliquie di santa Rosalia offrono l’occasione per riflettere su ciò che i due santi significano per la storia e la vocazione della città”.

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