La “guerriglia” palermitana dello scorso mese di marzo con lanci di oggetti contro polizia e vigili del fuoco per impedire di spegnere le “vampe di san Giuseppe non è stata dimenticata dalle fortze dell’ordine. Altri quattro giovanissimi sono stati identificati e denunciati dalla polizia di Stato per i disordini e gli incendi che hanno funestato le recenti tradizionali cerimonie di San Giuseppe a Palermo.

Cosa successe a marzo

In quella occasione, numerosi quartieri sono stati interessati dall’accensione di vampe e da veri e propri atti di teppismo che hanno coinvolto giovani e residenti che si sono scagliati sulle forze di polizia e i vigili del fuoco intervenuti. Anche la periferia orientale del capoluogo è stata coinvolta da roghi e tensioni, in particolare la rotonda Norman Zarcone, teatro di incendi e sassaiole.

Nei giorni scorsi, i poliziotti della sezione “investigativa” del commissariato “Brancaccio”, su disposizione della procura per i minorenni, hanno effettuato 4 perquisizioni personali a carico di altrettanti giovani, di età compresa tra 14 ed i 16 anni.

Anche a seguito degli esiti della perquisizione che ha consentito di trovare l’abbigliamento indossato durante gli assalti di San Giuseppe, i quattro sono stati denunciati per i reati di resistenza, oltraggio a pubblico ufficiale, interruzione di pubblico servizio, incendio e danneggiamento.

Le indagini proseguite

Nelle scorse settimane la squadra mobile aveva identificato e 25 giovani e denunciato 18 di cui 14 minorenni accusati di danneggiamento aggravato, getto pericoloso di cose, incendio, resistenza, accensione di fuochi pirotecnici, accensione di bombe carta e petardi per gli scontri che si sono registrati  in piazza Sant’Anna al Capo, alla Kalsa, a Ballarò e all’Albergheria.

A riprova di quanto l’ “edificazione” delle torri trasformate poi in vampe fosse animato da propositi teppistici che poco hanno a che vedere con il culto delle tradizioni, nel corso delle perquisizioni è stato ritrovato e sequestrato anche un passamontagna modello “mefisto”, usato durante gli scontri da uno degli indagati per evitare l’identificazione delle Forze dell’Ordine.

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