Nel corso dell'operazione sequestrate alcune imprese

Una guerra di mafia era alle porte | Scoperto arsenale San Giuseppe Jato

Cosa nostra è ancora in grado di reperire armi necessarie anche nelle guerre di mafia per il controllo del territorio. La circostanza viene fuori nell’indagine che oggi ha portato a 62 arresti. Un piccolo arsenale è stato a Giuseppe Buscemi Tartarone nel 2014.

In una masseria erano custoditi un fucile a canne mozze calibro 12, due pistole calibro 7,65, due caricatori monofilari per calibro 7,65, numerose munizioni di vario calibro, due passamontagna e una borsa a tracolla con all’interno un guanto in lattice.

Tartarone, secondo gli inquirenti, custodiva le armi per il gruppo di Giovanni Di Lorenzo (uno degli arrestati) che avrebbe agito per conto di Salvatore Mulè, ex reggente del mandamento di San Giuseppe Jato.

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Proprio dopo l’arresto di Mulè (nel 2013) cominciarono le violente fibrillazioni interne che portarono alla leadership di Gregorio Agrigento, storico esponente della famiglia mafiosa di San Cipirello.

Dopo il sequestro, Di Lorenzo stava valutando – come emerge dalle intercettazioni – di dotarsi anche di un bazooka, ma poi abbandonò il proposito perché eccessivamente costoso e le munizioni erano difficili da reperire.

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Ne parlano due degli arrestati, Di Lorenzo e Domenico Lo Biondo: “Per me quella specie di landa missile eeeh… lo deve avere lui! Il bazooka!… E che minchia se ne fa? Se non c’è niente che minchia se ne fa! Eh, se uno capitasse le cose! E dove le vai a trovare! Ma se uno… capitando quello… ogni cosa di questo ci vogliono mille euro!”.

 

Nell’ambito dell’operazione antimafia dei carabinieri che ha portato all’arresto di esponenti del mandamento di Villagrazia-Santa Maria di Gesù e San Giuseppe Jato, sono stati sequestrati immobili, imprese, negozi, quote societarie e denaro.

In particolare sotto sequestro sono finiti terreni e locali commerciali della famiglia mafiosa dei Pullarà, l’impresa Di Marco Marmi di Francesco Di Marco, in cui si sarebbero svolti summit di mafia, quote della Bingo.it proprietaria di una sala bingo riconducibile alla famiglia Adelfio, quote della Erregi srl e l’impresa individuale Lombardo Giuseppina, riconducibile ai Pullarà. Inoltre, sono state sequestrate quattro imprese edili del valore di 600mila euro.

Cosa nostra pensa a tutto arrivando ad addossarsi le spese funebri in caso di morte degli affiliati. Il particolare emerge dall’indagine dei carabinieri che oggi ha portato all’arresto di 62 persone. “Zio Vicè mi dica una cosa, che quando muore un amico nostro gli fate il funerale”, dice uno degli indagati non sapendo di essere intercettato.

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