Uccise il genero per difendere la figlia. La Corte d’appello di Palermo conferma la condanna di colpevolezza nei confronti di Gioacchino Di Domenico, pensionato di 66, che ha ricevuto un pena di 9 anni e 4 mesi di reclusione. Uno sconto di pochi mesi rispetto alla pena inflitta in primo grado. Niente quindi legittima difesa per la corte, che avrebbe portato all’assoluzione.
Di Domenico, il primo ottobre 2012, uccise a Palermo il genero, Emanuele Pilo, che aveva 27 anni e lavorava come operaio all’Amia,oggi Rap. L’uomo stava cercando di entrare a casa Di Domenico, in via Brasca, nel popolare quartiere di Falsomiele: per riprensersi con la forza la moglie che lo aveva lasciato. Fu ucciso con due colpi di fucile, che lo raggiunsero al volto e al torace e lo fecero cadere dal muretto che stava cercando di scavalcare.
La difesa aveva sostenuto che le fucilate non fossero indirizzate contro la vittima ma che fossero state sparate in aria, allo scopo di allontanare il giovane. Insomma ci sarebbe stato un errore, dovuto anche alle scarse capacità visive dell’imputato. Ma i giudici non hanno creduto a questa ricostruzione.