Applausi a scena aperta e ovazione finale al Teatro Massimo di Palermo per il nuovo allestimento di Turandot di Puccini, firmato dal regista Alessandro Talevi e diretto dal maestro Carlo Goldstein con l’Orchestra, Coro e Coro di voci bianche del Teatro Massimo, guidati dal maestro del Coro Salvatore Punturo. Tantissimi applausi anche per il cast internazionale che schierava il soprano Ewa Płonka, nel ruolo del titolo, e Juliana Grigoryan, star in grande ascesa, per la dolce e commovente Liù. A trascinare il pubblico, che ha fatto registrare il sold out alla ripresa di stagione, il tenore Martin Muehle (Calaf) applaudito a scena aperta al termine della celebre e amata aria Nessun dorma. Insieme a loro, tra gli applausi più calorosi, quelli per Alessio Arduini, Matteo Mezzaro e Blagoj Nacoski, cinici e scanzonati ministri imperiali Ping, Pong e Pang, in costumi fashion di Anna Bonomelli che firma anche la scenografia. A completare il cast di rilievo, il basso Giorgi Manoshvili (Timur), Cristiano Olivieri (l’imperatore Altoum) e Luciano Roberti (Mandarino). Le ancelle sono affidate a Gabriella Barresi e Lorena Scarlata. Regista assistente Anna Maria Bruzzese. Luci di Marco Giusti. Maestro d’armi Ran Arthur Braun. Assistente ai costumi Angelica Forni.

L’opera Turandot di Puccini

Turandot venne eseguita per la prima volta al Teatro alla Scala nel 1926 con la direzione di Toscanini che però ferma l’esecuzione lì dove Puccini si era fermato prima di morire e in seguito eseguirà il finale affidato ad Alfano in una versione ridotta che si è poi imposta nell’uso comune. Il Teatro Massimo, per celebrare il centenario della scomparsa di Puccini, ha scelto invece di presentare la prima versione integrale del finale dell’opera ultimata da Franco Alfano.

Ispirata all’omonima fiaba teatrale di Carlo Gozzi, l’opera, che nel libretto di Adami e Simoni è ambientata in Cina, racconta la vicenda della bella e crudele principessa Turandot. Chiunque voglia sposarla dovrà provare a risolvere tre enigmi che racchiudono il mistero e il rancore della principessa per la violenza subita dalla sua antenata Lo-u-ling che rivive in lei. I malcapitati pretendenti, che uno dopo l’altro falliscono la prova vengono giustiziati senza alcuna pietà fino all’arrivo del principe Calaf, che non solo risolve gli enigmi ma, grazie al sacrificio della schiava Liù che si suicida pur di non tradire il suo segreto, riesce a infrangere il cuore di ghiaccio di Turandot con la forza più grande e misteriosa che esista: l’amore. Puccini compone Turandot unendo a un linguaggio musicale moderno la struttura della grande tradizione ottocentesca dell’opera italiana, ma muore prima di completare la composizione che viene affidata a Franco Alfano, che all’epoca aveva già scritto opere di successo come Risurrezione (1904) e La leggenda di Sakuntala (1921) e che poi a inizio degli anni Quaranta fu sovrintendente del Teatro Massimo.

 

Articoli correlati