Ad inizio settimana, lunedì 17 aprile, il Comune di Palermo con una nota annunciava il trasferimento di 26 famiglie dall’ex convento della Kalsa verso la struttura d’accoglienza Opcer (Opera Pia Cardinale Ernesto Ruffini) a Boccadifalco.
A distanza di 48 ore, però, arriva la smentita del sindacato Cub (Confederazione unitaria di base) che con un comunicato vuole fare “chiarezza” sulla situazione.
“Ex convento della Kalsa è ancora abitato”
Si legge infatti: “L’ex convento della Kalsa è ancora abitato da famiglie e singoli che non hanno accettato di lasciare la loro casa per una sistemazione precaria e di allontanarsi dalla rete sociale in cui vivono da circa 10 anni (scuola per i bambini, medici di base, famiglia di origine, relazioni sociali)”.
“Abitanti ex convento della Kalsa sono determinati a rimanere”
Inoltre: “Gli abitanti dell’ex convento della Kalsa sono determinati a rimanere nelle loro case fino a che non verrà assicurata un’alternativa dignitosa e stabile che risponda definitivamente al diritto all’abitare di tutte e tutti. Entriamo nel merito della questione in quanto noi del sindacato Cub abbiamo seguito la lotta degli inquilini e crediamo sia necessario rispondere a questa nota grottesca, pregna di falsità e infiorettature che non rappresenta la realtà dei fatti”.
Altri chiarimenti
La nota prosegue: “Prima di tutto dentro l’ex convento non sono attualmente residenti 26 famiglie, ma si tratta di circa la metà (dispiace dover smentire il quadro di sovraffollamento, sfatando l’allarmismo della giunta). A fronte dell’affidamento di tre case popolari a tre famiglie, gli inquilini (tra cui singoli cittadini extracomunitari) hanno mantenuto un clima di collaborazione con la giunta ritenendo che trovare degli alloggi popolari fosse l’unica soluzione accettabile”.
L’accusa del sindacato al Comune
Il Cub lancia la stoccata “La risposta del Comune invece negli ultimi giorni è stata la ‘proposta’ di Boccadifalco, con un metodo nei fatti ricattatorio che ha sfruttato in modo vomitevole le difficoltà e la fragilità degli inquilini. I nuclei familiari che hanno accettato di entrare dentro la comunità gestita dalla sopracitata cooperativa non sono più di due, per un totale di tre persone. C’è anche un altro dato di cui noi teniamo conto e dovrebbero farlo anche i signori della giunta: dalle perizie eseguite nello stabile da parte dei vigili del fuoco e dei tecnici dello stesso Comune, si evince la non pericolosità della più parte della struttura, la quale potrebbe pertanto essere usata fin quando non vengono assegnate case vere, dignitose e definitive (non il parcheggio precario che dispone la giunta, sui quali tempi nessuna garanzia è data e, visto un primo sgombero attuato per interessi economici e non «di sicurezza», c’è molto poco da fidarsi per il futuro)”.
“Sgombero pacifico? Mentono”
“Chi, dal governo, parla di ‘sgombero pacifico’ mente sapendo di mentire, perché ad oggi, dentro l’ex convento, rimangono presenti degli inquilini che non accettano assolutamente il ‘trasferimento’. Insieme alle famiglie abbiamo sin dall’inizio rivendicato il blocco dello sgombero e la necessità di trovare soluzioni reali, ovvero le case per tutte e tutti. Abbiamo inoltre specificato che sarebbe stato opportuno identificare i sopracitati alloggi dentro lo stesso quartiere della Kalsa, così da non smembrare ulteriormente il tessuto sociale che in questi anni gli abitanti hanno autonomamente ordito”.
“Non torneremo indietro”
Ed inoltre: “Sia chiaro che non arretreremo di un passo da questa rivendicazione! Non solo: nessuno deve tornare indietro dagli impegni già assunti. Tutti rimangano ai loro posti. Questa comunità/dormitorio/centro di accoglienza non è, per le famiglie, un modello ammissibile oggi né replicabile un eventuale domani. Non sono accettabili surrogati di case senza la garanzia di una vita dignitosa per tutte quelle persone alle quali lorsignori delle classi alte vogliono evidentemente far pagare la «colpa» di essere poveri. Noi, sindacato CUB, siamo solidali e complici con le famiglie, con i proletari che subiscono la repressione e il ricatto di questa ‘società civile’. A questa società, che di civile ha solo il nome, lasciamo chi vi fonda il suo privilegio e la sua quotidiana estorsione legalizzata. Noi siamo per una società veramente civile, che punta al riconoscimento dei diritti elementari degli individui, che si batte per l’inclusione sociale, dove non può vigere il cannibalismo sociale, la speculazione edilizia che fanno passare sotto il nome di ‘riqualificazione» e in definitiva del profitto capitalistico’”.
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