“Situazione cristallizzata”. Sono le uniche parole pronunciate dagli inquirenti nell’ambito dell’indagine sul tragico episodio accaduto giovedì pomeriggio nel parco giochi Sofia di Carini, nei pressi del viale Aldo Moro, dove ha perso la vita un ragazzo di 12 anni, Gabriele Conigliaro, dopo essere stato colpito con violenza alla testa da una porta di calcio che gli è franata addosso.
Questo significa che il cerchio potrebbe essere stato chiuso, anche perché i carabinieri della compagnia di Carini trovano conforto non solo sulle testimonianze di chi si trovava con la vittima in quel momento ma anche dalle immagini di videosorveglianza installate in zona che hanno quindi ripreso gli ultimi istanti di vita di Gabriele. La porta di calcio non era ancora al suolo e pare che il ragazzo vi si fosse aggrappato. Altrettanto chiaro il fatto che il parco giochi nell’ora della tragedia fosse chiuso ma facilmente accessibile per via della rete di recinzione vandalizzata da cui poi è facile penetrare all’interno a qualsiasi ora.
Al momento non risulta nessun iscritto nel registro degli indagati della Procura ma, considerando la chiarezza dell’episodio, presto qualche nome potrebbe comparire. Intanto oggi è lutto cittadino a Carini, proclamato con propria ordinanza dal sindaco Giovì Monteleone che è apparso molto provato da quanto accaduto: “La mia è una responsabilità politica, poi la responsabilità penale saranno accertate dalla magistratura”.
Oggi alle 17 ci saranno i funerali nella chiesa di Maria Santissima del Rosario di Carini, quartiere attorno al quale Gabriele, ultimo di quattro fratelli, era nato e cresciuto. Il padre Franco non riesce a darsi pace e chiede che si faccia luce su quanto è realmente accaduto, e che i responsabili paghino. Anche i fratelli piangono a dirotto e tra un singhiozzo e l’altro ripetono come non possa essere accettabile morire in questo modo a soli 12 anni. Morire giocando.
Il padre di Gabriele, Franco Conigliaro, afferma al Giornale di Sicilia: «Ora c’è solo spazio per le domande, per le quali vogliamo una risposta, dobbiamo sapere
di chi sia la responsabilità. Il campo era senza un custode. Mio figlio, alla fine della scuola, andava ogni tanto a giocare a calcetto con gli amici. Ieri, al mio rientro a casa, mi hanno detto che aveva avuto un incidente al parco di via Aldo Moro, che gli usciva un po’ di sangue dalla testa, sono andato al campetto, ho visto le ambulanze e ho capito che era successa una tragedia”.
Il fratello maggiore, Alessandro, cerca di frenare l’emozione ma chiede giustizia e dice: «Non si può accettare una morte atroce a dodici anni
mentre si gioca, siamo tutti senza parole, non sappiamo come reagire a questo dolore. È stata una pugnalata al cuore, un fulmine a ciel sereno, una vita rubata». Un altro dei fratelli, Daniele, la sera del crollo della porta sulla testa di Gabriele, ha filmato il luogo, affidando al messaggio video sui social la sua richiesta di fare luce sulle cause dell’incidente, urlando che «non si può morire a dodici anni giocando con gli amici al pallone».
Un vicino di casa ricorda il bambino: «Abito qui da diciotto anni, l’ho visto crescere – sottolinea Salvatore – un intero quartiere è a lutto.
Abbiamo fatto stampare su alcune magliette bianche il volto del nostro angelo». Si parla della famiglia Conigliaro e di una «morte che, forse, si poteva evitare» anche nella piazza del paese. Maria afferma: «Una grande tragedia per tutti noi, sono dei dolori che non si possono superare, ferite senza cura».