“Oggi la pena è ben distante dalla funzione rieducativa di cui parla la Costituzione”. È la “confessione” ad alta voce dell’ex presidente della Regione Totò Cuffaro in una lettera scritta dopo le “apprezzate” parole del presidente della Repubblica Sergio Mattarella che ha parlato di necessità di reinserimento di chi è stato detenuto. Ma poi l’ex governatore fa anche una rivelazione: “Chi come me è un ex detenuto trova tutte le strade chiuse e in alcuni casi non può nemmeno utilizzare la propria laurea per rimettersi al servizio della collettività”.
Secondo Cuffaro il sistema fa acqua da tutte le parti: “Chi ha persino scontato per intero la pena con buona condotta – sostiene – subisce delle pene afflittive da scontare dopo la detenzione e volte ad impedire ogni forma di reinserimento lavorativo e sociale. E’ persino pericoloso fare lavorare un ex detenuto che ha scontato certi reati ed ha mostrato di essere fuori dall’ambiente criminale perché al datore di lavoro potrebbero negare la certificazione antimafia. In questo modo si condanna l’ex detenuto ad una sorta di ergastolo sociale, che ricorda tanto la capitis deminutio del diritto romano. Lo Stato, per quelle che sono le norme attuali, sembra dire a chi attraversa l’esperienza del carcere ‘E’ inutile che provi a cambiare vita. Per te non c’è speranza quando sarai fuori. Puoi soltanto tornare a delinquere”.
La lettera scritta da Cuffaro è stata ispirata dalla recente visita di Mattarella ai detenuti del carcere minorile di Nisida: “La detenzione – ha detto il capo dello Stato – non si tramuti in alcun caso in una sorta di macchia indelebile, perché non è così, è una cicatrice che scompare, perché lo Stato ha il dovere di agevolare il reinserimento, il protagonismo nella vita sociale. Ciascuno di noi, ciascuno di voi, ha un’esperienza umana non ripetibile che può contribuire in maniera preziosa, importante nella vita di tutti”.
“Per questo – aggiunge l’ex governatore siciliano, che ha scontato 7 anni per favoreggiamento alla mafia – ho apprezzato il pressante appello del presidente Mattarella che ha esortato a cambiare rotta però non a parole, perché questa nuova prospettiva, in linea col dettato costituzionale va garantita nei comportamenti dell’ordinamento con i suoi interventi, le sue regole, le sue procedure, le sue iniziative, e con il comportamento sociale delle altre persone, con la speranza e la fiducia che occorre avere e sviluppare in maniera particolarmente forte”.