Torture atroci ai migranti come la “falaka”, mutilazioni genitali femminili, stupri, traumi da corpi contundenti, bruciature con mezzi elettrici, ossa fratturate. È uno scenario disumano quello che viene fuori dai racconti dei migranti visitati nell’“ambulatorio di valutazione delle persone migranti vittime di violenza intenzionale e tortura” che si trova alla Medicina legale del Policlinico “Paolo Giaccone” di Palermo. Qui la professoressa Antonina Argo, direttrice della Medicina legale, la collega Stefania Zerbo, e i ricercatori Valeria Tullio e Giuseppe Davide Albano, ascoltano per ore i racconti dei richiedenti asilo. Si rivolgono all’azienda ospedaliera universitaria per ricevere il supporto specialistico e certificativo necessario nell’ambito della procedura per il riconoscimento dello status di rifugiato.
Si ripercorrono gli orrori
Affiancati da un mediatore culturale, i migranti ripercorrono la loro vita, i motivi della fuga dal loro paese d’origine, i soprusi e le torture subite. E, nonostante tutto, parlano della loro speranza di una vita migliore. L’ambulatorio è entrato in funzione nel 2018. Fu messo in campo un protocollo tra il dipartimento “Promise”, Promozione della Salute, Materno-Infantile, di Medicina interna e Specialistica di Eccellenza “D’Alessandro” dell’università di Palermo, e “Medici senza frontiere”. A loro si è aggiunta nell’ottobre di quest’anno l’azienda ospedaliera universitaria. Sino ad oggi le valutazioni sono state complessivamente 300. Un quinto dei casi valutati ha riguardato minori, che hanno richiesto un supporto specifico e la collaborazione del dipartimento materno infantile diretto da Giovanni Corsello. “Abbiamo visto mutilazioni genitali – racconta la professoressa Argo -, ragazzine stuprate con gravidanze non desiderate, casi di minori con sessualità incerta fuggiti perché ripudiati dalle famiglie”.
Si certifica la sussistenza dei racconti
Accolti per la valutazione multidisciplinare anche minori non accompagnati e donne pervenuti dai “corridoi umanitari” governativi, per una immediata certificazione non appena giunti sul territorio nazionale. “In questi casi – continua la direttrice della Medicina legale – il dato ha valore peculiare, in quanto consente nell’immediatezza dell’ultimo, più recente atto di violenza da tortura, di certificarne la sussistenza e gli esiti, con maggiore garanzia di attendibilità”. Dall’1 gennaio al 31 ottobre di quest’anno sono stati visitati 39 richiedenti asilo, di cui 6 donne e 33 uomini, con un’età media di 25,6 anni. La maggior parte dei casi sono stati inviati da Medici Senza frontiere, da avvocati, dall’Asp e un caso dai responsabili di un centro di accoglienza. “Quanto coraggio e quanta disperazione vediamo – racconta la professoressa Argo –. E cosa rimane dentro di noi che vediamo le testimonianze fisiche delle atrocità vissute e percepiamo tanto dolore”.
Da valutare anche aspetti emotivi
Il rigore scientifico dei medici legali è messo a dura prova dall’aspetto emotivo. “Ma da tecnici – spiega Argo – dobbiamo dare al loro racconto una validazione scientifica. Il metodo che applichiamo è quello previsto dalla versione 2022 del protocollo di Istanbul”. Accanto alle cicatrici visibili vi sono quelle dell’animo, con conseguenze ancora più distruttive. La sofferenza psicologica, in alcuni casi si trasforma, infatti, in vere e proprie patologie psichiatriche, con disturbi post traumatici da stress, depressione, disturbi d’ansia. La maggior parte dei richiedenti asilo arrivano dal Nord Africa, Africa sub-Sahariana, Bangladesh. Molti transitano dalla Libia, dove vengono perpetrati i più efferati atti di tortura.
I motivi economici dietro la fuga dal paese
“Ci raccontano delle loro fughe per motivi economici – narra la dottoressa Tullio -. Guerre, persecuzioni etniche per orientamento sessuale, ed anche dai campi coranici. Nelle carceri libiche vengono picchiati talmente tanto che gli stessi carcerieri li buttano fuori ritenendoli in fin di vita, ma alcuni di loro hanno la fortuna di essersi soccorsi e curati. C’è molta solidarietà tra connazionali”. Gli incontri con i medici legali sono vissuti dai richiedenti asilo con grande aspettativa anche rispetto alla presa in carico dal punto di vista clinico. “Oltre all’assistenza medico legale – spiega il dottore Albano – viene realizzato un modello di presa in carico di primo livello e specialistico. Quindi viene garantito un percorso assistenziale multidisciplinare che verifica anche le condizioni di vulnerabilità rispetto alle patologie croniche”.
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