Niente abbreviato per Filippo Mulè, il 22enne di Cinisi accusato di aver partecipato all’omicidio di Paolo La Rosa. Il Gup Nicola Aiello ha respinto l’istanza dell’imputato che attraverso il suo legale, Raffaele Bonsignore, aveva chiesto di essere giudicato in abbreviato.
Sulla base delle nuove disposizioni di legge il giudizio abbreviato non è più ammesso per i delitti che possono essere potenzialmente punibili con l’ergastolo. Ecco perché il giovane è stato rinviato a giudizio con procedimento ordinario, quindi senza diritto a sconti di pena, davanti alla corte d’assise di Palermo con prima udienza fissata per il prossimo 14 dicembre.
Filippo Mulè è imputato per concorso in omicidio aggravato dai futili motivi e dall’aver commesso il fatto in presenza di minori. Il fatto di sangue si consumò la notte del 24 febbraio del 2020 a Terrasini, davanti ad un locale della movida nella centrale piazzetta Titì Consiglio.
In corso ci sono altri due processi: uno in ordinario a carico di Pietro Mulè, 22 anni anche lui di Cinisi, accusato di essere stato lui ad infliggere le coltellate mortali alla vittima. Nel marzo scorso in primo grado fu condannato a 16 anni tra l’amarezza e la disperazione di familiari e amici di Paolo che si sarebbero aspettati l’ergastolo. Un altro processo si svolge un abbreviato. Nel luglio scorso fu ribaltata in appello la condanna per Rosario Namio, 22 anni di Cinisi. Il giovane è stato condannato per rissa aggravata a 6 mesi di reclusione, mentre in primo grado era stato assolto. Dunque è stata riconosciuta la sua partecipazione attiva a quella baruffa da cui poi nacque il terribile fatto di sangue.
Secondo i testimoni che hanno assistito al delitto, Pietro Alberto Mulè di Cinisi, all’epoca 20enne, dopo avere litigato all’interno del locale con un buttafuori, quando stava per andare via, a notte fonda, iniziò a litigare pure con La Rosa col quale c’erano pessimi rapporti. Contrasti sorti perché alla vittima non piaceva che sua sorella fosse fidanzata con Filippo Mulè, cugino di Pietro Alberto, con cui la frequentazione era molto stretta. Dai successivi riscontri per gli inquirenti non ci furono più dubbi sul fatto che l’omicidio fosse avvenuto per mano di Pietro Alberto Mulè.