La Procura di Palermo ha chiesto 22 anni di reclusione per Filippo Mulè, il 23enne di Cinisi accusato di aver partecipato all’omicidio di Paolo La Rosa. L’imputato è accusato di concorso in omicidio aggravato dai futili motivi e dall’aver commesso il fatto in presenza di minori. Il fatto di sangue si consumò la notte del 24 febbraio del 2020 a Terrasini, davanti ad un locale della movida nella centrale piazzetta Titì Consiglio. Si tratta di uno dei tre tronconi di processo aperti su questo omicidio.
Il sit in dei familiari
Questa mattina, mentre si celebrava l’udienza, familiari e amici di Paolo La Rosa hanno organizzato un altro sit in davanti al tribunale. Chiedono che sia fatta “giustizia” per la giovane vittima. In questo modo si vogliono tenere accesi i riflettori su una tragica aggressione. I genitori di Paolo ne hanno fatto una battaglia da tempo, con l’obiettivo che la società si ponga delle riflessioni attorno al tema della violenza.
Altri due processi
Su questa vicenda si sono sviluppati altri due processi. Uno in ordinario, ancora in corso, a carico di Pietro Mulè, 23 anni anche lui di Cinisi, accusato di essere stato lui ad infliggere le coltellate mortali alla vittima. In appello gli sono stati inflitti 23 anni e mezzo cono il riconoscimento dei motivi “abietti e futili”. In primo grado invece gli erano stati inflitti 16 anni. Un altro processo si è svolto in abbreviato e si è già chiuso con la condanna definitiva per Rosario Namio, 22 anni di Cinisi. Per lui confermati in cassazione i 6 mesi per rissa aggravata, mentre in primo grado era stato assolto. Dunque è stata riconosciuta la sua partecipazione attiva a quella baruffa da cui poi nacque il terribile fatto di sangue.
Il fatto
Secondo i testimoni che hanno assistito al delitto, Pietro Alberto Mulè aveva inizialmente litigato all’interno del locale con un buttafuori. Quando stava per andare via, a notte fonda, iniziò a litigare pure con La Rosa col quale c’erano pessimi rapporti. Contrasti sorti perché alla vittima non piaceva che sua sorella fosse fidanzata con Filippo Mulè, cugino di Pietro Alberto, con cui la frequentazione era molto stretta. Dai successivi riscontri per gli inquirenti non ci furono più dubbi sul fatto che l’omicidio fosse avvenuto per mano di Pietro Alberto Mulè.
Negato l’abbreviato
A Filippo Mulè nell’ottobre scorso fu respinta l’istanza, presentata dal suo legale, di essere processato con il rito abbreviato. Sulla base delle nuove disposizioni di legge il giudizio abbreviato non è più ammesso per i delitti che possono essere potenzialmente punibili con l’ergastolo. Ecco perché il giovane fu rinviato a giudizio con procedimento ordinario. Quindi per lui nessun diritto a sconti di pena davanti alla corte d’assise di Palermo.
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