I carabinieri hanno arrestato Simone La Barbera, detto il lungo, Antonino Tantillo detto Nenè e Liborio Tavolacci accusati in concorso di tentata estorsione ai danni delle sorelle Irene, Gioacchina, Marianna Napoli e Gina La Barbera. Il provvedimento su richiesta della procura di Termini Imerese è del gip. Secondo le indagini le donne sono state oggetto di reiterate violenze e minacce finalizzate a cedere la proprietà o la gestione dell’azienda agricola.
Secondo quanto accertato dalle indagini più volte sono stati aperti dei varchi nella recinzione per creare dei varchi e fare entrare degli animali per danneggiare il raccolto.
E’ stato divelto il lucchetto del casolare di campagna e sono stati uccisi due cani. A dicembre del 1998, Antonino Tantillo avrebbe teso un agguato a Irene e Gioacchina Napoli bloccando l’automobile. Le donne appena scese sono state investite da numerose pietre. A questa aggressione era presente Epifanio Mastropaolo che convinceva le giovani Napoli a non denunciare Tantillo, portandole dal defunto mafioso Nicola La Barbera Nicola, detto “Don Cola” che ordinava momentaneamente la cessazione delle invasioni dei terreni delle Napoli.
Alla morte di Nicola La Barbera, ricominciavano i danneggiamenti e Simone La Barbera Liborio Tavolacci e Antonino Tantillo ricominciavano con i tagli delle recinzioni e il pascolo degli animali di proprietà dell’Istituto zootecnico “Giardinello, custoditi da La Barbera e Tavolacci.
La Barbera esercitava pressioni affinché le Napoli cedessero la loro azienda o la facessero gestire a terzi, impegnandosi personalmente a fermare i danneggiamenti e le invasioni di animali, anche in cambio del ritiro di una delle denunce presentate da Irene Napoli contro di lui e contro Tavolacci. Quest’ultimo, anche tramite la moglie Rossella minacciava le Napoli per far ritirare la denuncia e affidassero la gestione della loro azienda al fratello Luciano Tavolacci.
Dopo le prime denunce presentate dalle sorelle Napoli la procura aveva chiesto l’archiviazione. Le indagini sono state riaperte dopo la denuncia di calunnia presentata da Simone La Barbera detto il lungo contro le sorelle Napoli.
“Finalmente la verità comincia a venire a galla, dopo 15 anni in cui non siamo credute, derise e prese per visionarie e fuori di testa e oggetto di insulti e lazzi in piazza. Ringraziamo i Carabinieri e la Procura di Termini che hanno creduto in noi”.
Lo dicono le sorelle Irene, Ina e Marianna Napoli, in una nota diffusa dal loro legale Giorgio Bisagna, dopo gli ordini di custodia cautelare per tre persone che sarebbero gli autori di minacce e intimidazioni di stampo mafioso nei loro confronti. In una conferenza stampa, ieri, le sorelle e il legale hanno annunciato una querela contro due persone che hanno parlato di Salvatore Napoli, padre delle tre donne, deceduto, che è indicato da alcune informative degli investigatori come ”indiziato mafioso”.
Il legale ha reso nota la sentenza che condannava, nel 1974, per calunnia Francesco Paolo Bonanno che aveva scritto alcune lettere anonime accusando Napoli e altre persone ”di una serie di malefatte anche di stampo mafioso”.
L’esposto riguarderebbe il generale dei carabinieri Nicolò Gebbia, in pensione, che in un processo ha indicato il padre delle tre sorelle come capomafia di Mezzojuso, e il sindaco del paese, Salvatore Giardina, che dopo le notizie su Salvatore Napoli ha detto che le tre donne ”devono prendere le distanze dal padre”.
Della vicenda si occupa da mesi la trasmissione di La7 ”Non è l’arena”. Il conduttore Massimo Giletti ha accusato il sindaco di non essere intervenuto per anni nella vicenda delle Napoli. Il sindaco ha querelato per diffamazione. Ina Napoli, impiegata del Comune di Mezzojuso alla domanda se fosse mai andata a raccontare al sindaco Giardina delle intimidazioni e minacce che lei e le sorelle hanno ricevuto ha risposto ”No, non sono mai andata dal sindaco ma in Comune lo sapevano”.
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