Alvaro Piccardi è il protagonista del proprio adattamento teatrale del racconto La sonata a Kreutzer di Leone Tolstoj, in scena dall’8 (debutto ore 21.00) al 12 novembre nella Sala Strehler del Teatro Biondo di Palermo, che produce lo spettacolo. Le scene e i costumi sono di Lorenzo Ghiglia.
Nel suo racconto scritto nel 1889 e ispirato alla celebre sonata per violino e pianoforte di Beethoven – leitmotiv dello spettacolo – Tolstoj immagina che durante un viaggio in treno si accenda una discussione sui conflitti fra uomo e donna. Un viaggiatore racconta la sua drammatica storia come una risposta esemplare alla discussione in corso, confessando di avere ucciso la moglie che lo aveva tradito.
Alvaro Piccardi riversa sulla scena il lucido e distaccato monologo dell’uxoricida per ripercorrerne le tappe fondamentali, dalla gioventù dissoluta e libidinosa al rapporto con le donne e con il sesso, al matrimonio, fino al dramma della gelosia e al delitto, percepito come semplice incidente.
Uno spettacolo forte, violento, emotivo, che restituisce la drammatica attualità di certi rapporti di coppia, nei quali si incrociano pulsioni distruttive, smanie di possesso e ossessioni morbose.
«Mi sono tenuto il più possibile fedele alle parole di Tostoj – spiega Piccardi – e ho cercato di farmi sopraffare dalla sua modernità. Volevo evitare qualsiasi tentazione verso un compiacimento letterario che mi sembrava completamente estraneo alla brutalità sobria del suo linguaggio. La grandezza di Tolstoj è quella di non fare del suo protagonista un orco o un mostro, o un uomo in preda alla follia, ma di raccontarci la storia di un uomo normale e del mondo culturale che l’ha partorito. Mi è sembrato importante lavorare per trovare anche nel linguaggio i segni di questa normalità».
Note di regia
«L’idea di fare una versione mia de La sonata a Kreutzer non è nata da urgenze letterarie, ma dalla decisione di mettere in scena il capolavoro di Tolstoj. Avevo deciso di tornare a recitare in teatro dopo vent’anni; per un lungo periodo, infatti, mi ero dedicato soprattutto alla regia. Mi capitò di rileggere La sonata e non ebbi dubbi che quello doveva essere il testo del mio spettacolo. Non mi sono nemmeno posto il problema di quale versione fare, il lavoro concreto di palcoscenico mi ha portato, poco per volta, a produrre una mia versione del testo, che è nata come una necessità della scena e delle sue esigenze.
Intanto mi sono tenuto il più possibile fedele alle parole di Tostoj e ho cercato di farmi sopraffare dalla sua modernità. Volevo evitare qualsiasi tentazione verso un compiacimento letterario, che mi sembrava completamente estraneo alla brutalità sobria del linguaggio di Tolstoj. E poi mi sono trovato di fronte al problema del rapporto con chi ascolta la storia del protagonista. Tolstoj immagina che durante un viaggio in treno si accenda una discussione sui conflitti fra uomo e donna. Un viaggiatore si apparta con un altro viaggiatore e racconta la sua storia come una risposta esemplare alla discussione in corso. L’interlocutore non ha modo di intervenire nel fluire delle parole e dei ricordi. La casualità del luogo scelto da Tolstoj per ambientare la vicenda, straordinaria per un romanzo, sarebbe apparsa in teatro di un realismo macchinoso e inutile, e quindi dovevo scegliere se far dialogare il protagonista e con chi.
Mi è sembrato giusto immaginare un uomo condannato a ricordare. La legge allora in vigore, di fatto assolveva il delitto d’onore, ma Pozdnysev, il protagonista del romanzo, libero dalla prigione non riesce a liberarsi dal flusso dei ricordi. La sua è una ricerca disperata delle ragioni del proprio delitto. La grandezza di Tolstoj è quella di non fare del suo protagonista un orco o un mostro, o un uomo in preda alla follia, ma di raccontarci la storia di un uomo normale e del mondo culturale che l’ha partorito. Mi è sembrato importante lavorare per trovare, anche nel linguaggio, i segni di questa normalità; le cose che dice Pozdnysev le abbiamo ascoltate e le ascoltiamo ogni giorno nei discorsi che gli uomini fanno al bar o fra di loro quando parlano di donne. Nella prima parte del racconto ho cercato un linguaggio accattivante e simpatico, cercando di renderlo il più possibile vicino al nostro modo di parlare, ma senza tradire lo spirito di Tolstoj.
E non poteva che essere il pubblico l’interlocutore. Il racconto di Pozdnysev diventa così una confessione, una confessione oscena, perché nel tentativo di ricostruire fatti e episodi della sua storia cerca di non trascurare i minimi dettagli dei fatti medesimi, dei pensieri che li hanno generati, delle azioni che ne sono state il prodotto. Ma non ci sono risposte per un omicida. Raskolnikov di Delitto e castigo ritrova nell’amore di una donna le ragioni per poter continuare a vivere. Le ragioni sollecitate dal ricordo non possono che generare l’ossessione di una ripetitività sempre più allucinata. Lo spazio dove Pozdnysev si muove è uno spazio mentale, dove le azioni si dilatano nelle parole e ritornano azioni sulla scena».
Alvaro Piccardi
dall’8 al 12 novembre 2017 – Teatro Biondo di Palermo, Sala Strehler
La sonata a Kreutzer
di Leone Tolstoj
versione teatrale e regia di Alvaro Piccardi
con Alvaro Piccardi
scene e costumi Lorenzo Ghiglia
produzione Teatro Biondo Palermo
calendario delle rappresentazioni:
mercoledì 8 novembre ore 21.00
giovedì 9 novembre ore 17.30
venerdì 10 novembre ore 21.00
sabato 11 novembre ore 21.00
domenica 12 novembre ore 17.30
biglietti
intero euro 16
ridotto euro 14
studenti euro 8
under 25 euro 5
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