Il Consiglio dei Ministri ha deliberato di impugnare la legge della Regione Siciliana dello scorso novembre sul taglio dei vitalizi.
Lo annuncia il comunicato di Palazzo Chigi al termine del Cdm che si è tenuto nella serata di ieri. Alcune “disposizioni riguardanti i trattamenti previdenziali e i vitalizi del Presidente della Regione, dei Consiglieri e degli Assessori regionali violano – secondo il Cdm – il principio di uguaglianza e ragionevolezza, sancito dalla Costituzione, nonché i principi di coordinamento della finanza pubblica e di leale collaborazione”.
Finisce, dunque, davanti la Corte Costituzionale il lungo braccio di ferro fra l’Assemblea regionale e il governo nazionale. Roma impose il taglio dei vitalizi ai Parlamentari anche alla Regione a Statuto Speciale dietro la minaccia di tagliare i trasferimenti alla Regione se questa non avesse legiferato in ottemperanza alle richieste della norma statale.
Da Palermo il Presidente dell’Ars Gianfranco Miccichè si è sempre detto contrario al taglio ed alla imposizione romana considerati deleteri e norme di mero populismo inutile ma è stato costretto dalle polemiche a giungere ad una legge che riducesse i vitalizi anche se ormai trasformati in pensione. La norma interviene anche sei vitalizi pre esistenti.
Alla fine di novembre, comunque, dopo un lungo tira e molla fra ufficio di presidenza e parlamento l’Assemblea ha detto sì al disegno di legge che riduce gli assegni per gli ex parlamentari regionali in pensione disponendo una riduzione lineare del 9,25%, con un ulteriore 5% che si applicherà agli assegni da 32 a 67 mila euro mentre ammonterà al 10% il taglio aggiuntivo per quelli oltre i 62 mila euro raggiungendo, così da raggiungere, per gli assegni più alti, un taglio del 19,25%. Ha votato contro solo il M5s. I tagli saranno applicati per un quinquennio.
Sono 149 i vitalizi erogati dall’Ars con un costo di 18 milioni di euro. Il via libera al ddl è arrivato grazie a un’opera di mediazione che ha consentito una riscrittura di un articolo del ddl, che ha introdotto gli ulteriori aumenti a scaglioni del taglio rispetto al testo iniziale che conteneva solo la riduzione lineare del 9,25%.
Adesso sarà la Corte Costituzionale a doversi pronunciare ma se Roma lamenta il mancato rispetto del principio di eguaglianza e ragionevolezza Palermo porterà lo Statuto e un’altra lunga serie di contestazioni al provvedimento in se stesso e l’esito del giudizio è tutt’altro che scontato,.
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