Pene pesanti per lo stupro di gruppo al Foro Italico di Palermo. La procura nel corso dell’udienza di oggi ha chiesto la condanna per tutti e sei giovani imputati.
Le richieste di condanne quasi 70 anni di carcere
Queste le richieste di condanna: 12 anni ciascuno per Angelo Flores, Gabriele Di Trapani, Cristian Barone ed Elio Arnao. Dieci anni e 8 mesi per Samuele La Grassa. Le richieste tengono conto dell’aumento per le aggravanti e della riduzione di un terzo per la scelta del rito abbreviato. Un settimo accusato, all’epoca dei fatti minorenne, è già stato condannato a 8 anni e 8 mesi.
A denunciare la violenza ai carabinieri fu la stessa vittima, fatta ubriacare e stuprata dagli imputati in un cantiere abbandonato del Foro Italico a Palermo. Gli abusi vennero filmati dal maggiore del gruppo, Angelo Flores, che in passato aveva anche avuto una relazione con la giovane. Tutti gli imputati hanno scelto il rito abbreviato e si sono detti innocenti negando la violenza e parlando di rapporto consensuale. La Grassa, alla scorsa udienza, ha reso nota una lettera in cui chiedeva scusa alla madre e alla fidanzata per la delusione data loro.
Avvocato della vittima. “Mai è stato scusa alla ragazza”
“Sono reati che prevedono condanne molto pesanti come previsto dal codice. A me dispiace molto che questi giovani rischiano una condanna molto alta, ma chi sbaglia paga”. E’ il commento dell’avvocato Carla Garofalo che assiste la vittima dello stupro avvenuto nel luglio dello scorso anno al Foro Italico a Palermo.
Dopo una lunga requisitoria oggi sono arrivate le richieste di condanne per i giovani accusati di aver stuprato a turno in un cantiere abbandonato una ragazza di 19 anni. Uno di loro avrebbe ripreso la violenza con il cellulare. “In aula ho ribadito oggi che nessuno di loro in aula ha chiesto scusa alla vittima – aggiunge l’avvocato Garofalo – E’ stata letta una lettera da parte di uno dei giovani nella quale è stato chiesto scusa alla mamma, alla sorella, alla fidanzata. Nessuna parola per chiedere scusa alla vittima. Quella per me è una lettera kamikaze”.
La lettera di Cristian Maronia
“Non c’è stato un giorno o una notte in cui non abbia pensato a questa storia, ci sono state notti in cui non ho dormito per tutto ciò e, mi ero convinto anche io che avessi compiuto quest’atto abominevole senza averlo compiuto, mi sento in colpa per aver sbagliato con le donne della mia vita, donne di moralità sana e principi cristiani, mi sento in colpa per aver tradito l’amore e la fiducia della mia fidanzata e, nonostante ciò ha creduto in me, mi sento in colpa con mia madre e mia sorella, per aver tradito il loro affetto, per avergli creato questo disagio e questa vergogna, perché non è bello vedere la faccia di un figlio, di un fratello su tutti i giornali e sentire di essere accusato di un atto così vergognoso, e so per aver sbagliato con loro, già la mia condanna la sto pagando”.
E’ la lettera letta nel corso dell’ultima udienza da Cristian Maronia accusato insieme ad altri sei giovani della violenza di gruppo al Foro Italico a Palermo lo scorso anno su una ragazza di 19 anni. Uno dei sette minorenni è stato condannato in primo grado. Gli altri sei sono a processo davanti alla seconda sezione penale del tribunale di Palermo presieduta da Roberto Murgia.
Le parole di Maronia
“Sono stato additato di non avere avuto pentimento, il mio pentimento è quello che ho appena descritto, ho tradito l’onestà delle donne che amo, il vero pentimento è dolore e, questo dolore a me non sta passando – aggiunge Maronia – Detto ciò, ho piena fiducia nella giustizia e, spero che sia fatta giustizia per tutte quelle vere vittime che subiscono giorno per giorno questi atti innominabili e incondannabili per me. È da un anno che sono stato catapultato in un posto ostile che non fa parte di me o della mia vita, è da un anno che vivo con la paura ma soprattutto con la vergogna e con un peso sulle spalle che non riesco a reggere più; è da un anno che la mia vita è come se fosse aggrappata ad una corda, sentendomi sospeso nel vuoto, con la speranza che qualcuno mi venga a salvare”.
“Non è facile vivere così a 20 anni”
Dico così perché non è facile da affrontare e vivere giorno per giorno una situazione del genere a vent’anni; già non è facile per una persona adulta ma, per un ragazzo di vent’anni non è per niente facile, soprattutto psicologicamente perché è una situazione del genere cambia totalmente la vita, quel posto cambia la vita; non saprei in che modo, o in negativo o in positivo, poi dipende dalla persona, per esempio a me ha fatto bene, però ho visto a chi non gli ha fatto del bene quindi, ho dovuto mettere da parte il ragazzo di vent’anni e, sono dovuto crescere in fretta perché mi sono ritrovato da solo. Ho imparato ad avere pazienza, ho imparato ad osservare, ascoltare e a riflettere per capire di più, ma soprattutto a pensare costantemente giorno e notte perché è l’unica cosa che non si riesce a smettere di fare lì dentro. In un anno mi sono ritrovato a sentire storie assurde e mi permetto di dire che, di innocenti ce ne sono ben poco, perché poi tutti gli altri tendono a nascondersi dietro un qualcosa che non esiste e con questi ultimi mi sono ritrovato a giocare a carte, anche a parlare, per capire e per vedere se sono come loro, ma non sono come loro, quell’ambiente e quell’area non fanno parte della mia vita”.
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