Ora vi denuncio tutti, faccio piovere denunce per diffamazione. E’ più o meno questo il contenuto dell’ultimo sfogo della vittima dello stupro del branco a Palermo. Uno sfogo rilanciato, ancora una volta, via social, il mezzo attraverso il quale la ragazza continua a comunicare con i suoi oltre 150 mila follower fra Instagram e Tik Tok.
Non ci sta a farsi offendere, non ci sta a farsi colpevolizzare ed è pronta a denunciare per diffamazione chiunque continui a sostenere che in realtà fosse consenziente ma anche chi la accusa di essere troppo libera e diretta nei suoi video sui social, chi la addita come una poco di buono e così via. Insomma è pronta a reagire anche agli attacchi di una società che tende a colpevolizzare la vittima.
Intanto la vicenda toglie il tappo ad un fenomeno fin troppo sommerso. A fronte delle tante denunce piovute negli ultimi mesi alle forze dell’ordine, denunce non sempre ritenute credibili, ci sono invece i dati certi dei centri anti violenza.
Di uno di questi si parla questa mattina sul quotidiano Le Repubblica. Un centro nel quartiere Brancaccio realizzato in una struttura e gestito insieme al centro padre Nostro che fu di Don Pino Puglisi, in carico ha una trentina di donne. Dal 2020 ad oggi tante sono le giovani e meno giovani, donne fra I 28 e i 45 anni che si sono rivolte al centro. Numeri molto diversi da quelli delle denunce. ma fra loro ci sono, per lo più, donne vittime di violenze domestiche. E se tante sono assistite molte di più sono quelle che non denunciano, che si affacciano al sistema dell’assistenza ma poi rinunciano. un fenomeno difficile anche per la vergognosa e per una società che continua a colpevolizzare la vittima