Dopo 17 anni si fa luce su uno dei tanti efferati delitti di mafia in provincia di Palermo. Era l’ottobre del 2000 quando Giampiero Tocco fu sequestrato e sciolto nell’acido.
I Carabinieri del Nucleo Investigativo di Palermo hanno dato esecuzione ad un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal Gip del Tribunale di Palermo, Fabrizio La Cascia per quattro uomini.
Le indagini sono state coordinate dalla Procura distrettuale, diretta da Francesco Lo Voi, e dai Sostituti Procuratori Annamaria Picozzi, Roberto Tartaglia e Amelia Luise.
I provvedimento sono stati emessi nei confronti di quattro di Ferdinando Gallina, 40 anni, Giovan Battista Pipitone, 68 anni, Vincenzo Pipitone. 61 anni e Salvatore Gregoli, 59 anni accusati dell’omicidio di Giampiero Tocco ucciso con il metodo della lupara bianca.
Il 26 ottobre del 2000, Tocco era stato sequestrato da un commando di uomini travestiti da poliziotti che avevano inscenato un posto di controllo a Terrasini: quando lo fermarono mentre era alla guida del suo fuoristrada, a bordo c’era la figlia di sei anni che venne risparmiata.
Dopo che i sequestratori lo portarono via, fu proprio la bambina a chiamare la madre e fornire poi indicazioni sull’accaduto attraverso un disegno. Il tutto venne registrato dalle microspie che i Carabinieri avevano installato nel fuoristrada poiché sospettavano il coinvolgimento del Tocco nell’uccisione di Giuseppe Di Maggio, figlio del noto Procopio, già reggente della famiglia mafiosa di Cinisi e storico alleato di Totò Riina.
Alla svolta nelle indagini contribuivano le recenti dichiarazioni del neo collaboratore di giustizia Antonino Pipitone, uomo d’onore della famiglia mafiosa di Carini, e quelle dei pentiti Gaspare Pulizzi e Francesco Briguglio.
Tali dichiarazioni e i conseguenti riscontri eseguiti dai militari dell’Arma consentivano di ricostruire il delitto (per il quale furono già condannati in via definitiva Salvatore lo Piccolo, Sandro Lo Piccolo, Damiano Mazzola e i due collaboratori di giustizia, Gaspare Pulizzi e Francesco Briguglio) e determinare i ruoli ricoperti dagli attuali destinatari del provvedimento restrittivo.
Antonino Pipitone e Salvatore Gregoli inscenarono (con l’ausilio di Ferdinando Gallina, Gaspare Pulizzi, Damiano Mazzola, Salvatore e Sandro Lo Piccolo che fungevano da “staffetta”), il finto posto di controllo della Polizia, indossando delle apposite pettorine ed utilizzando un’autovettura con lampeggiante per fermare il fuoristrada, sequestrare Tocco e condurlo materialmente in un’abitazione a Torretta.
Vincenzo e Giovan Battista Pipitone insieme a Salvatore e Sandro Lo Piccolo procedettero all’interrogatorio ed all’uccisione della vittima mediante strangolamento.
Ferdinando Gallina detto Freddy e Gaspare Pulizzi effettuarono i preliminari sopralluoghi lungo l’itinerario percorso nei giorni precedenti dalla vittima, partecipando poi alla staffetta di supporto ai finti poliziotti. Gallina e Pulizzi caricarono il cadavere all’interno di un’auto e lo trasportarono in Contrada Dominici di Torretta, dove venne sciolto nell’acido alla presenza di Angelo Conigliaro (deceduto), Vincenzo Pipitone, Giovan Battista Pipitone e Antonino Pipitone.
Le dichiarazioni di Antonino Pipitone confermavano anche il movente del delitto che, effettivamente, è da ricollegare alla scomparsa del figlio di Procopio Di Maggio, “Peppone”, ed alla reazione di stampo mafioso decisa dai Lo Piccolo a quell’episodio, evidentemente considerato una sorta di attacco al loro dominio criminale.