Il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi e il capo della polizia di Stato Vittorio Pisani hanno deposto una corona di fiori in occasione del 32° anniversario della strage di via D’Amelio all’interno dell’Ufficio Scorte della questura di Palermo, che ricorda il sacrificio dei Caduti nelle stragi di Capaci e via D’Amelio. A seguire la scopertura di una targa della rinnovata cappella della caserma “Pietro Lungaro”, intitolata a San Michele Arcangelo . Infine, si terrà, presso l’Aula Corona della caserma “Pietro Lungaro”, la proiezione del docufilm: I ragazzi delle Scorte “Ricordo tutto”, dedicato al poliziotto Claudio Traina.

Piantedosi: “Ricordo che teniamo vivo”

“Un ricordo che teniamo vivo attraverso anche queste iniziative di commemorazione. Noi siamo qui anche per questo sia per dare un contributo alla memoria, ma per trarre un insegnamento dalla memoria e offrirlo ai nostri giovani e anche ai nostri uomini e le donne delle forze dell’ordine per quello che è stato l’esempio di questi veri e propri eroi, eroi civili che hanno in un periodo difficile dato un insegnamento alle nuove generazioni di quale era la parte giusta in cui stare. Questo è il ricordo principale che fa da sintesi a queste manifestazioni commemorative”. Lo ha detto il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi questa mattina alla caserma Lungaro della polizia di Stato nel corso delle iniziative per ricordare le vittime della strage di via D’Amelio a Palermo.
“La verità giudiziaria deve sempre completarsi, non c’è mai prescrizione né termine. Questo però non deve farci perdere di vista che deve esserci una memoria condivisa, dobbiamo essere tutti uniti nei valori fondanti. E’ giusto andare avanti, è giusto approfondire, è giusto capire è importante per la parte giudiziaria e per la storia. Però la memoria è forte, la memoria è di tutti noi e deve essere un valore che dobbiamo tenere saldo”. Lo ha detto il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi questa mattina alla caserma Lungaro della polizia di Stato nel corso delle iniziative per ricordare le vittime della strage di via D’Amelio a Palermo.

“Tutti devono contribuire alla ricerca della verità”. Lo ha detto il ministro Matteo Piantedosi rispondendo all’appello fatto oggi dall’arcivescovo Corrado Lorefice alle istituzione per ricercare la verità negata sulle stragi di Capaci e via D’Amelio.

Lorefice: “Palermo ha visto scorrere troppo sangue”

”Questa città ha visto scorrere il sangue dei nostri martiri, martiri per la giustizia e per l’amore, che ancora grida. La nostra terra non può essere liberata perché il loro martirio non ha ancora ricevuto verità”. Lo ha detto l’arcivescovo di Palermo Corrado Lorefice nel corso dell’omelia, durante la messa celebrata che ha inaugurato la Cappella intitolata a San Michele Arcangelo nella caserma Lungaro, dove, alla presenza tra gli altri del ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, e del capo della Polizia, Vittorio Pisani, si sta rendendo omaggio ai caduti delle stragi di Capaci e via d’Amelio. “Il grande male continua con i suoi tentacoli”, ha detto Lorefice, lanciando un appello ai rappresentanti delle Istituzioni civili e militari raccolti in preghiera nella piccola cappella. “Se vogliamo contribuire concretamente a una nazione riscattata dalla mafia urge un reale impegno civile e, soprattutto, dello Stato in tutte le sue variegate istituzioni”. Occorre per l’arcivescovo “individuare le precise responsabilità, i depistaggi ed emanciparsi pur di sopravvivere copre e ammicca. Bisogna impegnarsi a costruire una città sempre più generativa e accogliente, pronta a proporre un futuro di vita e di speranza”.

Mattarella: “Ci sono stati depistaggi”

“La tremenda strage di via D’Amelio, 57 giorni dopo l’attentato di Capaci, ha costituito l’apice della strategia terroristica condotta dalla mafia. Con atti spietati di guerra, si voleva piegare lo Stato e sottomettere la società. Le Istituzioni e i cittadini lo hanno impedito. Gli assassini a capo dell’organizzazione criminale sono stati assicurati alla giustizia, il sacrificio di chi ha difeso la legalità e la libertà è divenuto simbolo di probità e di riscatto. Ora il testimone è nelle mani di ciascuno di noi”.

Lo dice il Capo dello Stato Sergio Mattarella nell’anniversario della morte di Paolo Borsellino, Emanuela Loi, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina, Claudio Traina, che il Presidente ricorda «in un giorno di memoria e di impegno per la Repubblica».

“Il primo pensiero è rivolto ai familiari dei caduti, al loro infinito dolore, alla dignità con cui, a fronte della disumana violenza mafiosa, hanno saputo trasmettere il senso del bene comune e hanno sostenuto la ricerca di una piena verità sulle circostanze e i mandanti dell’attentato. Questa ricerca è stata ostacolata da depistaggi. Il cammino della giustizia ha subito tempi lunghi e questo rappresenta una ferita per la comunità. Il bisogno di verità è insopprimibile in una democrazia e dare ad esso una risposta positiva resta un dovere irrinunciabile”, esorta Mattarella.

“Paolo Borsellino, e con lui Giovanni Falcone, hanno inferto con il loro lavoro colpi decisivi alla mafia. Ne hanno disvelato trame e dimostrato debolezze, lasciando un’eredità preziosa, non soltanto per indagini e processi. Hanno insegnato che la mafia si batte anche nella scuola, nella cultura, nella coerenza dei comportamenti, nel rigore delle Istituzioni, nella vita sociale. Questi insegnamenti continuano a segnare il dovere della Repubblica”, conclude il Capo dello Stato.

Meloni: “Difendere valori di giustizia e libertà”

“Oggi ricorre il 32esimo anniversario della strage di via D’Amelio, un giorno che ha segnato profondamente la nostra Nazione. Ricordiamo con rispetto e commozione il giudice Paolo Borsellino e gli agenti della sua scorta, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina, Agostino Catalano e Claudio Traina, che hanno sacrificato la loro vita nella lotta contro la mafia”.

Lo scrive sui social la premier Giorgia Meloni, ricordando che «il loro coraggio e il loro impegno per la giustizia e la legalità rimangono un faro di speranza e determinazione per tutti noi. È nostro dovere onorare la loro memoria continuando a combattere ogni forma di criminalità e difendere i valori di giustizia e libertà per i quali hanno dato la vita”.

Schifani: “Borsellino speranza per il futuro”

Il presidente della Regione Siciliana, Renato Schifani, ha presenziato stamattina alla caserma Lungaro, insieme con il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, e il capo della Polizia, Vittorio Pisani, alle commemorazioni in occasione del 32° anniversario dell’uccisione del giudice Paolo Borsellino e degli agenti della sua scorta. Dopo la deposizione della corona d’alloro presso la lapide che all’interno dell’Ufficio scorte della Questura ricorda i caduti di Capaci e via D’Amelio, il presidente ha partecipato alla Santa messa celebrata nella cappella “San Michele Arcangelo” della caserma, dall’arcivescovo di Palermo, monsignor Corrado Lorefice.
«Ho voluto essere presente – sottolinea Schifani – in questo giorno di ricordo e di dolore per portare la vicinanza della comunità siciliana ai familiari delle vittime di tutte le stragi mafiose. Un momento di commozione che ci deve fare riflettere. Faccio mie le parole dell’arcivescovo Lorefice durante l’omelia sull’impegno comune di tutti i siciliani a costruire una città sempre più conformata al rispetto degli altri e delle regole della convivenza sociale, una città della solidarietà e della pace, una città generativa e accogliente, pronta a proporre un futuro di vita e di speranza alle nuove generazioni. E in tal senso, rinnovo il mio auspicio affinché lo Stato faccia finalmente luce sulla strage di quel 19 luglio del 1992, un dovere morale per non rendere vano il sacrificio di questi eroi».

 

Lagalla: “Ricordare il sacrificio”

“A 32 anni dalla terribile strage di via D’Amelio, Palermo ricorda il sacrificio del giudice Paolo Borsellino e dei 5 agenti della scorta, Emanuela Loi, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina. Un attentato che ha sconvolto Palermo e l’intero Paese e che ha rappresentato l’apice della sfida della mafia alle Istituzioni. Da quel giorno, è partita una forte e convinta risposta dello Stato e dei cittadini e quel sacrificio, così come quello del giudice Giovanni Falcone, ucciso 57 giorni prima, si è trasformato in simbolo di affermazione della legalità. Capi e assassini di cosa nostra sono stati arrestati ma, come ha ricordato oggi anche il Capo dello Stato Mattarella, la ricerca della piena verità su circostanze e mandanti dell’attentato è ostacolata da depistaggi. Qui il mio pensiero va ai figli del giudice Borsellino, che proseguono la loro battaglia per fare luce sulla morte del padre, e ai familiari delle vittime di via D’Amelio. È a loro e alla società civile che si deve una completa e veritiera ricostruzione dei fatti”.

Abodi “Mantenere i principi”

“Occorre mantenere viva la testimonianza di Paolo Borsellino, Giovanni Falcone e degli agenti delle scorte perché siano di ispirazione quotidiana all’azione politica e delle istituzioni, ma anche dei giovani sul versante della consapevolezza dei principi che ci devono ispirare quotidianamente. Bisogna, tutti insieme e da alleati, togliere spazio e ossigeno alle organizzazioni criminali”. Lo ha detto il ministro per lo Sport e i Giovani Andrea Abodi, a Palermo nel corso della terza giornata dell’evento “Legalità è Libertà, Giovani europei per un nuovo movimento culturale”, tre giorni organizzati dall’Agenzia Italiana per la Gioventù per commemorare la strage di via d’Amelio e di tutte le vittime di mafia. “

Un modo anche per tenere viva la testimonianza di Paolo Borsellino. Oggi è una giornata particolare ma anche di Giovanni Falcone, delle donne e degli uomini delle scorte perché siano di ispirazione quotidiana alla politica da una parte, di chi ha responsabilità istituzionali ma comunque anche dei giovani che riusciamo sempre grazie alle attività dell’agenzia italiana per la gioventù, sul versante della consapevolezza dei principi che ci devono ispirare quotidianamente.

D’altro canto sembra tutto così scontato che la libertà passi per la legalità, eppure a volte c’è quasi questo processo di normalizzazione che, attraverso il racconto dei fatti, rende quasi normale quello che non potrà mai essere normale – ha aggiunto il ministro – È cioè la legalità è un principio, un valore assoluto che si associa alla libertà e noi tutti possiamo, ognuno nel proprio ruolo, dare contributi di varia natura. Il fatto che ci si incontri, che si accorciano le distanze tra noi, che si rafforzino le relazioni, che si offrano delle opportunità di riflessione che però poi devono tramutarsi in fatti, è la testimonianza delle volontà reciproche. Occupando spazi in modo sano e produttivo in modo rispettoso, questo vale proprio nel rapporto tra le istituzioni e il cittadino sempre nella logica del rispetto reciproco, della comprensione, soprattutto da parte delle istituzioni delle esigenze dei cittadini senza lasciare spazio ad altre forme di offerta che sono criminali e che vanno contrastante non soltanto con l’affermazione dei valori ma anche con l’affermazione di un rapporto positivo, propositivo, sistematico che non si manifesti soltanto nei giorni speciali del ricordo da una parte, della memoria comunque importante, e neanche nel giorno del voto che sono passaggi fondamentali nella decrazia, ma anche nei giorni normali quelli in cui dobbiamo dimostrate la volontà di togliere spazio e ossigeno all’economia criminale”.

Varchi: “Combattere la mafia un impegno”

“La commissione Antimafia è impegnata in una incessante ricerca della verità sulla strage di via D’Amelio, una ricerca inquinata da uno dei più grandi depistaggi della storia italiana. Ci sono due modi per restituire la verità che manca, uno è quello giudiziario, ma dopo 32 anni è molto complesso arrivare a una pronuncia chiara; l’altro è la ricerca della verità storica ed e’ questo che sta impegnando la commissione Antimafia”. Lo ha detto la parlamentare di Fdi Carolina Varchi nel corso di una conferenza stampa sul bilancio della Commissione Antimafia organizzata all’Ars in occasione del 22esimo anniversario dell’attentato al giudice Borsellino. Varchi ha ricordato le attività svolte dalla Commissione: dagli approfondimenti della vicenda legata all’indagine mafia e appalti, da alcuni ritenuto il vero movente della strage di via D’Amelio, alle audizioni dei familiari di Borsellino. ‘Forse il filone mafia-appalti non fu sufficientemente approfondito”, ha detto.

“Verità per troppo tempo negate”

“Sono passati 32 anni da quel drammatico giorno che ha cambiato per sempre la storia della nostra Nazione. Paolo, Emanuela, Vincenzo, Walter, Agostino e Claudio persero perché credevano nello Stato e nel loro lavoro”. Lo ha detto presidente della Commissione Antimafia, Chiara Colosimo, ricordando la strage di via D’Amelio di cui oggi ricorre il 32esimo anniversario. “Il coraggio dimostrato da questi eroi spinge ogni giorno la Commissione Antimafia, che ho l’onore di presiedere, a cercare quelle verità per troppo tempo negate e disattese – ha detto -. Lo dobbiamo a tutti gli uomini e le donne che hanno perso la vita nella lotta alla mafia; e lo dobbiamo a tutti quelli che non si sono piegati al ‘puzzo del compromesso morale’. Oggi, più che mai, abbiamo bisogno di quel ‘fresco profumo di libertà’ che Paolo sognava”. L’allarme sull’utilizzo dei fondi del Pnrr e, più in generale, sull’infiltrazione mafiosa all’interno degli appalti risale a un discorso di Falcone al castello Utveggio del 1991. Senza dubbio l’attenzione va tenuta alto, la commissione parlamentare sta facendo la sua parte, ha insediato un comitato che si occupa solo di questo e certamente non avrà paura di proporre delle modifiche se necessario”.  “Probabilmente già nelle prossime settimane faremo delle nuove audizioni. Certamente, vorrei che anche i familiari dei ragazzi delle scorte venissero in commissione perché la relazione finale deve dare all’Italia un quadro completo e la storia che sin qui non si è potuta scrivere”.

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