“Se avessimo fatto la bonifica di via d’Amelio avremmo di sicuro individuato quella macchina imbottita di esplosivo”. Sono le parole di Giuseppe Garofalo, rispondendo a una precisa domanda del presidente della Commissione antimafia dell’Ars, Claudio Fava. Garofalo, ispettore di polizia, fu uno dei primi uomini delle forze dell’ordine a giungere sul luogo della strage dove il 19 luglio del 1992 persero la vita il giudice Paolo Borsellino e la sua scorta. A distanza di quasi trenta anni dalla strage di Via d’Amelio, l’ispettore di polizia Garofalo si è presentato in Commissione antimafia all’Ars per raccontare quello che vide il 19 luglio del 1992. L’audizione di oggi è infatti l’ennesima tappa del percorso di ricostruzione storica sul periodo delle stragi del 92/93, un percorso voluto dal presidente della Commissione antimafia all’Ars, Claudio Fava.
“In quel periodo spesso venivamo impiegati per bonificare i luoghi a rischio. Via d’Amelio era tra questi obiettivi. Quando la scorta e la centrale operativa lo richiedevano facevamo un controllo preventivo” ricorda il poliziotto, che spiega anche la prassi per un’attività di bonifica: “avremmo controllato le targhe della macchine, verificato la presenza di eventuali persone sospette. Non sarebbe stato difficile accorgersi di quell’auto, piazzata proprio all’ingresso della casa della madre del giudice. Era stata rubata qualche giorno prima..” Quindi, ha continuato nella sua spiegazione Garofalo, molto probabilmente “la personalità scortata non sarebbe arrivata sul luogo”.
Perchè non è stata fatta la bonifica? La domanda del presidente Fava resta sospesa un attimo in aria, prima della risposta del poliziotto:” la procedura viene attivata di solito dalla sala operativa della Questura. Non so perchè quel giorno non venne effettuata. Forse perchè era domenica e non c’era traffico.. Anche se già dopo la Strage di Capaci le attività di bonifica erano molto frequenti e approfondite”.
Garofalo racconta anche come arriva sul luogo della strage. Garofalo è il capopattuglia della volante 32. Quella vettura della polizia era di stanza a Mondello. Di solito, quel gruppo di poliziotti poteva essere chiamato per fare da apripista alla scorta del giudice Borsellino. Quel giorno non andò così. Alle 16,58 un boato squarcia il cielo di Palermo. La Questura ordina alla volante 32 di recarsi immediatamente sul posto. E’ la seconda vettura delle forze dell’ordine a giungere sul luogo della strage. Prima dei poliziotti guidati da Garofalo è arrivata la pattuglia 21. La strada è avvolta da una immensa coltre di fumo. Macchine in fiamme, gente insanguinata per la strada, sul muro i resti del corpo di un poliziotto disintegrato dall’esplosione e poco sotto una mitraglietta M12 d’ordinanza che si è sciolta per il calore della deflagrazione. Per terra, giace il corpo dilaniato del Giudice Paolo Borsellino. E’ una scena di guerra.
“Eravamo di turno tra le 13 e le 19, avevamo il compito di pattugliare una zona larga. Siamo stati allertati dalla sala operativa, ma avevam sentito l’esplosione. Pensavamo a un incidente domestico, all’esplosione di una bombola di gas. Ma quando abbiamo saputo che si trattava di via D’Amelio, abbiamo capito che era successo qualcosa di terribile. Eravamo nella zona di Mondello e in pochi minuti siamo arrivati. Sul posto c’era già la pattuglia 21“.
Sulla scena della strage, il compito dei poliziotti è capire se ci sono superstiti ed aiutarli. In pochi minuti sopraggiungono altre vetture delle forze dell’ordine. La scena del crimine diventa il caos. Ed è in quei momenti di confusione che il racconto di Garofalo si intreccia con la possibile presenza dei servizi segreti in via D’Amelio.
“Ricordo di aver notato una persona vicino all’auto di Borsellino – racconta il poliziotto – gli ho chiesto chi fosse e perché era interessato alla valigetta del giudice Borsellino. Mi risponde che era dei servizi segreti. Aveva tra i 40 e i 50 anni.. Mi mostra un tesserino. Aveva colpito la mia attenzione perchè girava attorno alla macchina del giudice.. Era in giacca.. d’estate, nessuno portava giacche con quel caldo. Di sicuro era interessato alla valigetta del giudice Borsellino… questo incontro con l’uomo misterioso è avvenuto quando sul posto c’erano già parecchie persone. Di questo incontro non ho fatto menzione nella relazione di servizio. Avevo accertato che era un funzionario dei servizi, quindi ho ritenuto che fosse normale trovare un agente segreto sul posto”.
Di quell’incontro con un agente dei servizi segreti Garofalo non parlerà fino al 2006. Non glielo chiederà mai nessuno. “Sono stato sentito per la prima volta nel 2006. E’ quella la prima volta che ho parlato di questo incontro. Al Tribunale di Caltanissetta“.