“A tre mesi esatti dalla tragica morte dei cinque operai edili a Casteldaccia, ancora nessuna risposta è stata fornita. Non si sa se e cosa si stia facendo per prevenire future tragedie simili. Nei giorni immediatamente successivi alla strage, infatti, ho chiesto un accesso agli atti all’amministratore unico dell’Amap Alessandro Di Martino, ad oggi inevasa”. Lo dice la consigliera comunale di Palermo Mariangela Di Gangi (Pd).
“Ho chiesto informazioni su controllo e tipologia contratti, nessuna risposta”
“In particolare – aggiunge – ho chiesto una serie di informazioni sulle modalità di controllo e sulla tipologia di contratti applicati dall’Amap, per poter verificare la filiera di appalti e subappalti e le tutele esistenti. La richiesta non era utile solo a ottenere chiarezza su una vicenda su cui permangono ombre, ma anche per evidenziare il pericolo rappresentato dal sistema di appalti e subappalti, spesso caratterizzato da ribassi sui costi della sicurezza, urgenze per rispettare scadenze o mancanza di adeguata formazione. Dal giorno della mia richiesta sono passati quasi tre mesi senza alcuna risposta e il fatto che la catena degli appalti a cascata possa continuare indisturbata, anche dopo il cordoglio collettivo, non dovrebbe far dormire la notte l’Amap, l’amministrazione comunale e nessuno e nessuna di noi. Mi chiedo se questo silenzio sia dovuto a semplice negligenza o se ci sia invece qualcosa da nascondere, credendo fermamente che l’amministrazione comunale e ogni sua partecipata debbano prendere misure concrete e sistemiche per porre fine alla strage sui posti di lavoro”.
La terribile verità dei periti “Operai furono indotti nell’errore mortale”
Una morte, quella degli operai di Casteldaccia, dovuta ad un errore. Non loro, ma di qualcuno che li ha indotti ad entrare in quella cisterna risultata poi mortale. Secondo quanto scrive Repubblica Palermo, i periti nominati dalla procura di Termini Imerese hanno spiegato cosa sia accaduto nell’impianto di sollevamento di Casteldaccia pochi minuti prima delle ore 13,30 del 6 maggio e qual è stata la dinamica degli eventi che hanno portato alla tragedia che è costata la vita ai cinque operai, Epifanio Assazia, Giuseppe Miraglia, Roberto Raneri, Ignazio Giordano e Giuseppe La Barbera, morti soffocati dalle esalazioni velenose dell’idrogeno solforato durante un’operazione di spurgo di un tratto della condotta fognaria.
Dal 24 maggio lavorano i torinesi Ivo Pavan, docente universitario di Chimica industriale, e l’ingegnere chimico Maurizio Onofrio. I due consulenti hanno tempo 90 giorni, fino a fine agosto per depositare la relazione finale. Nell’arco di pochi secondi, secondo quanto scrivono, la la cisterna interrata è passata da una condizione di sicurezza con i liquami e l’idrogeno solforato all’interno del sistema a tenuta stagna di tubazioni e pompe dell’impianto di sollevamento ad un ambiente saturo di gas velenoso e con 80 centimetri di acque nere sul fondo della vasca. Un evento improvviso che dalle prime indiscrezioni si è verificato “per una o più azioni” su diversi elementi dell’impianto. Non ci sarebbe stato alcun malfunzionamento o cedimento.
La partita sulle responsabilità e sulle mancanze della catena di appalti e subappalti procede con altri due indagati oltre a Rotolo, Il contitolare della ditta Quadrifoglio Nicolò Di Salvo e il responsabile della Tek Giovanni Anselmo.
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