La verità sulla strage di Altavilla Milicia è racchiusa in un hard disk da 8 terabyte, l’equivalente di 250 chiavette usb di memoria di media grandezza. Una quantità di dati enorme che le procure di Termini Imerese e per i minorenni di Palermo hanno messo a disposizione delle difese dei quattro indagati per il massacro in cui hanno perso la vita Antonella Salamone e i figli Kevin ed Emanuel.

Le difese

L’avvocato Giancarlo Barracato che assiste Giovanni Barreca (marito e padre delle vittime) e il collega Franco Critelli che difende la coppia palermitana Sabrina Fina e Massimo Carandente hanno già consegnato il dispositivo di archiviazione agli inquirenti e la prossima settimana inizieranno le indagini difensive sulla base del contenuto dell’hard disk. La stessa cosa farà il difensore della figlia 17enne di Barreca, indagata anche lei per omicidio plurimo aggravato e soppressione di cadavere dalla procura per i minorenni.

All’interno dell’hard disk ci sono oltre tre mesi di indagini tecniche, perizie e copie forensi di tutti i telefoni dei quattro indagati, dei loro computer e di tutte le interazioni in rete: chat, messaggi, post sui social, mail e cronologie. Ci sono i risultati delle autopsie, i rilievi nella villetta dell’orrore con foto e video. Ci sono i tracciamenti gps degli spostamenti degli indagati. Per le difese comincia la corsa contro il tempo per studiare gli 8mila gigabyte di materiale che di fatto sono le colonne portanti dell’indagine dei carabinieri.

Fina e Carandente saranno riascoltati

La seconda settimana di giugno la procuratrice per i minorenni Claudia Caramanna ha in programma di sentire la coppia diabolica di Sferracavallo proprio alla luce di tutto il materiale tecnico. Fino ad ora le misure cautelari per Barreca, Fina e Carandente si fondano soprattutto sul racconto della figlia 17enne, passata da sopravvissuta a protagonista del massacro. Al nuovo interrogatorio della coppia diabolica, chiesto dagli stessi indagati, quasi certamente parteciperanno anche i magistrati di Termini Imerese.

Niente interrogatorio per Barreca

Per ora invece non verrà sentito Giovanni Barreca, l’unico reo confesso del massacro. Due giorni fa l’imbianchino è stato nuovamente trasferito dal carcere di Enna a quello di Barcellona Pozzo di Gotto in provincia di Messina. Una struttura detentiva che ha un reparto per la tutela della salute mentale. Come era già successo a marzo nel carcere Pagliarelli di Palermo, anche nella struttura detentiva di Enna è stato minacciato ed aggredito da altri detenuti pur essendo in regime di isolamento. “Ho ascoltato in diretta una delle aggressioni – racconta il suo legale – Eravamo al telefono e il mio assistito. I telefoni sono in una zona comune ed è stato minacciato dagli altri detenuti. Gli hanno lanciato addosso di tutto e per evitare guai peggiori gli agenti lo hanno riportato in cella”.

Le continue minacce, gli insulti durante l’ora d’aria subiti da un altro detenuto, il lancio continuo di frutta e oggetti dalle altre celle hanno costretto il dipartimento dell’amministrazione penitenziaria a trasferire Barreca in un’altra struttura detentiva. “Non sono nemmeno stato avvisato – lamenta Barracato – Il 7 giugno era in programma un nuovo incontro con lo psichiatra e la criminologa per completare la perizia sulle condizioni mentali del mio assistito. E non si potrà fare. Ho saputo solo ieri che era a Barcellona Pozzo di Gotto”.

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