Sono preoccupati, amareggiati e confusi i lavoratori dei call center Almaviva di Palermo che protesteranno con un sit-in venerdì prossimo. Temono che il loro posto di lavoro non sia stato per nulla messo in salvo e la loro figura professionale tutelata dalla norma sugli appalti pubblici approvata definitivamente due giorni fa dal Senato e che ha effetti diretti sul loro settore.
Manca infatti il vincolo di territorialità e il mantenimento dell’inquadramento contrattuale nella norma sulle cosiddette clausole sociali nella nuova normativa, che prevede, in caso di successione tra imprese nel contratto di appalto con il medesimo committente e per la medesima attività di call center, che i contratti di lavoro saranno trasferiti all’appaltatore che subentra.
Una legge quindi che, da un lato fornisce tutele ai lavoratori, ma dall’altro non impedisce all’azienda di sballottarli in giro per l’Italia. E’ il caso dei 500 lavoratori Almaviva dello stabilimento di via Tommaso Marcellini a Palermo. I dipendenti che si occupavano del servizio di vendita, tramite call center, per Enel, commessa persa il 24 dicembre scorso, adesso rischiano di doversi trasferire in altre regioni d’Italia per non perdere il lavoro. “Ci hanno già detto che potremmo essere trasferiti in Calabria o in Campania- racconta Francesca Aiello, uno dei dipendenti di Almaviva di Palermo. – Questa legge, che viene festeggiata da molti, in realtà ci penalizza moltissimo”. Infatti è inverosimile pensare che con gli attuali stipendi, in media non superano i 500 euro mensili, i lavoratori palermitani potranno permettersi di pagare vitto e alloggio altrove.
“L’inquadramento contrattatuale mio e dei miei colleghi – continua Francesca Aiello – è già stato declassato da ‘industriale’ a ‘terziario’. Così ci hanno dimezzato la cassa integrazione, obbligandoci, di fatto, ad accettare condizioni aberranti, come potrebbe presto succedere pur di mantenere il lavoro”.