Spesa fondi Ue, semplificazione burocratica e grandi opere: le sei proposte per rilanciare Sicilia

Un nucleo di monitoraggio, coordinamento e controllo che acceleri la spesa, presso la presidenza della Regione. Un’agenzia regionale per la progettazione esecutiva, che colmi il gap che grava sugli uffici tecnici di enti locali e Regione. Un ddl di semplificazione burocratica e amministrativa. Poi, l’accelerazione sulle Zes (le Zone economiche speciali), sugli enti di area vasta come stazioni appaltanti. E “la riappropriazione della cultura delle grandi opere capaci di creare sviluppo, a partire dal ponte sullo Stretto”.
Sono alcune delle proposte al governo della Regione emerse stamani nel corso della Conferenza regionale dei servizi Cisl, svoltasi a Palermo. All’assise hanno preso parte 300 tra rappresentanti di enti e associazioni promossi dal sindacato, e lo stato maggiore regionale e nazionale Cisl. Ad aprire i lavori Mimmo Milazzo, segretario generale regionale, a concluderli Luigi Sbarra, segretario generale aggiunto nazionale. Tra i presenti Gigi Petteni, presidente nazionale dell’Inas Cisl.
La conferenza ha anche dato il via alla costituzione, nelle cinque unioni territoriali del sindacato nell’Isola (Palermo-Trapani, Agrigento-Caltanissetta-Enna, Ragusa-Siracusa, Catania e Messina), di Sportelli lavoro con la mission di fornire assistenza e consulenza a chi l’occupazione la cerca. E a chi la perde. Faranno leva su un sistema informatico unico integrato con la rete dei servizi Cisl, e opereranno in regime di convenzione con le principali agenzie nazionali di recruitment. Ma è stato il nodo delle infrastrutture e della cosiddetta “insularità”, il leit-motiv del dibattito che s’è sviluppato anche nel corso di un forum che ha preso spunto dal volume Il coccodrillo si è affogato. Mezzogiorno: cronache di un fallimento annunciato e di una possibile rinascita (Rubettino Ed). L’autore, Pietro Busetta statistico economico nell’università di Palermo, ha introdotto la discussione a cui hanno preso parte, assieme a Milazzo e Sbarra, gli assessori regionali Marco Falcone (Infrastrutture) e Gaetano Armao (Economia ma anche vicepresidente della Regione), e il vicepresidente vicario di Sicindustria, Alessandro Albanese. Marco Romano, vicedirettore responsabile del Giornale di Sicilia, ha moderato il confronto che si è aperto con parole di solidarietà nei confronti dei giornalisti, in piazza oggi in tutta Italia contro gli attacchi dei giorni scorsi e per difendere, con le parole di Milazzo, “il diritto-dovere di informare”. Perché, ha rimarcato il segretario, “un Paese è tanto più democratico e libero quanto più la sua stampa è libera”.
Ma sono stati i servizi Cisl il cuore della Conferenza, assieme alle proposte del sindacato al governo della Regione in tema di infrastrutture. E non solo. Sul primo fronte, dopo le relazioni illustrate dai segretari regionali Sebastiano Cappuccio, Rosanna Laplaca e Giorgio Tessitore e a valle delle assemblee che nell’ultimo mese hanno coinvolto, nelle nove province dell’Isola, più di 1500 rappresentanti di enti e associazioni sindacali, è stata decisa l’istituzione della figura del coordinatore dei servizi territoriali che affiancherà un coordinatore regionale.
Sul piano più programmatico e politico, il pacchetto di analisi e proposte ha preso le mosse dalla “convinzione del corto-circuito che s’è creato tra spesa di fondi ordinari. E di risorse aggiuntive”. “Tra fondi strutturali e patto per il Sud – ha affermato Milazzo – la disponibilità di risorse di cui la Sicilia gode ammonta complessivamente a più di 11 miliardi, tra i 5,746 del patto e i 5,368 dei fondi”. Ma al 31 ottobre la spesa effettiva dei fondi europei risultava ferma allo 0,8%, “più o meno 41 milioni”. In pratica, “la Sicilia non riesce a spendere le poche risorse di cui dovrebbe avvalersi. E il punto è che quelle, che avrebbero dovuto essere risorse aggiuntive, sono in realtà le uniche a cui l’Isola può attingere. E se non si spendono quelle, sviluppo e lavoro resteranno sempre parole vuote”.
Sei proposte a palazzo d’Orleans. Riguardano: un nucleo di monitoraggio, coordinamento e controllo per accelerare la spesa, presso la presidenza della Regione. Dovrebbe essere presieduto dal governatore e composto dagli assessorati coinvolti e dalle parti sociali; un’agenzia regionale per la progettazione esecutiva che consenta il recupero dei ritardi degli uffici tecnici, pianificando la spesa a cadenza triennale. Ancora: un ddl semplificazione che snellisca procedure e tagli passaggi burocratici, per favorire gli insediamenti produttivi. Il governo regionale è sollecitato inoltre ad “attrezzarsi affinché, come previsto dal disegno di legge nazionale di bilancio, Liberi consorzi e Città metropolitane possano operare come stazioni appaltanti in luogo dei Comuni del loro territorio”. In tema di Zes, al momento previste solo nei retroporti delle tre città metropolitane, per la Cisl “c’è bisogno che prima che tutto si fermi per la prossima campagna elettorale, ne sia disciplinata l’attività consentendo l’organizzazione effettiva di aree in grado di attrarre investimenti dall’esterno”. Sull’insularità, il sindacato ricorda quindi che il 4 febbraio 2016, con una risoluzione, il parlamento europeo riconobbe la speciale condizione della Sicilia e della Sardegna. Una svolta che apriva le porte “persino a misure di fiscalità compensativa per ridurre le particolari condizioni di disagio imposte dalla geografia”. Ma quasi tre anni sono trascorsi durante i quali nulla più o meno è stato fatto. La Cisl anche su questo invoca l’accelerazione.
E grandi opere. Con le parole di Milazzo, “fatta 100 la dotazione infrastrutturale dell’Ile de France, nel cuore di Parigi, la Sicilia si colloca al 207esimo posto della graduatoria europea”. “Un gap enorme che la dice lunga sui ritardi e i fallimenti delle politiche fin qui seguite. E che obbliga a rimettere all’ordine del giorno il tema delle opere. E anche delle grandi opere”. In questo senso, il ponte sullo Stretto consentirebbe il completamento del corridoio Berlino-Palermo creando le condizioni perché l’alta velocità non resti ferma a Napoli”. Né per la Cisl, precisa il sindacato, può aver senso l’ostilità ideologica verso le grandi opere perché “con la storia della valutazione dei costi e benefici, si rallenta e di fatto si tira il freno a mano ipotecando le chance di ammodernamento, sviluppo e lavoro del territorio”.
“La Sicilia ha utilizzato male l’Autonomia ed è rimasta indietro – ha esordito il professore Busetta presentando il suo volume – ma non è vero che sono state impiegate troppe risorse per il Sud. Né è vero che l’Autonomia è lo strumento migliore per favorire lo sviluppo del Sud. Perché le aree a sviluppo ritardato hanno bisogno di centralismo, non di autonomia”. Del resto la Germania, ha continuato, per l’ex Ddr le sue regioni orientali, ha speso 20 volte di più di quanto l’Italia abbia speso per il Sud. Che così è rimasto al palo. “Nel Mezzogiorno come in Sicilia lavora una persona su quattro, in Emilia per esempio, una su due”. È un problema di politica. Ma è anche un problema di classe dirigente.
“La più grande infrastruttura è la manutenzione ordinaria e straordinaria. Anche delle strade interne, abbandonate adesso al loro destino – ha detto Albanese -. E c’è un problema di riqualificazione. Non vorrei sentir dire che: va bene, ‘salteranno teste'”. Piuttosto, ha affermato il vicepresidente di Sicindustria, “vorrei sentire che è pronto un cronoprogramma con terapie, interventi, risorse, obiettivi”. Per Albanese “c’è bisogno di un nuovo modello si sviluppo che consenta alle nostre imprese la competitività ad armi pari dentro a un’Europea economicamente e politicamente più integrata”.
“La carenza di infrastrutture è sicuramente il problema numero uno della Sicilia”, il che equivale a dire, ha sostenuto l’assessore, che la classe politica ha fallito. Come anche quella imprenditoriale – ha aggiunto Falcone -. Noi la nostra parte vogliamo farla. E per questo nei prossimi 15 giorni definiremo il recupero della Siracusa-Gela, ferma dal 2017. Certo, la questione non si esaurisce qui. “La Nord-Sud, per esempio. È in una situazione che viene da piangere”.
“Un nuovo centralismo?”, si è chiesto Armao replicando a Busetta. “Sono lontano anni-luce da questa impostazione”, ha sbottato. “E non solo perché penso a Sturzo per il quale ‘solo i siciliani salveranno la Sicilia’. Anche alla luce della storia: l’Autonomia è arrivata dopo il fascismo che è stato il massimo del centralismo e ha lasciato la Sicilia alla fame”. Per non dire dell’attuale legge nazionale di stabilità, ha aggiunto. “Col cosiddetto regionalismo differenziato, Lombardia, Veneto ed Emilia si stanno portando a casa lo Stato lasciando ai soldi che resteranno, gli eventuali interventi di perequazione”.
Le conclusioni di Sbarra. L’obiettivo dello sviluppo, per il segretario generale aggiunto della Cisl,”richiede un cambio di mentalità sulle infrastrutture materiali. Si tratta di sbloccare le grandi opere e di rilanciare i piccoli e medi cantieri che generano crescita e fanno uscire dall’isolamento le aree interne. E ben venga anche una discussione seria sul ponte dello Stretto, senza pregiudizi e ideologismi ma con la consapevolezza di una grande opera che serve al Sud e anche al Paese”. “In Sicilia – ha rimarcato – sono tante le arterie da completare, con lavori che durano in alcuni casi da più di vent’anni: la Ragusa-Catania, la Siracusa-Gela, la Agrigento-Caltanissetta, la Palermo-Agrigento. E c’è anche il problema delle ferrovie, con la tratta Palermo-Catania che aspetta da anni il raddoppio dei binari. Altro che alta velocità. Per non parlare della manutenzione del territorio e degli acquedotti. Il dramma di una Palermo lasciata senz’acqua per il riversamento di fango negli invasi dopo le alluvioni dei giorni scorsi, la dice lunga su anni di abbandono e di mancanza di progetti”. E quanto alla manovra del governo Conte, “il Def – ha insistito il segretario aggiunto – latita clamorosamente mettendo il deficit quasi esclusivamente al sevizio di spese correnti e assistenziali. Né per risolvere la questione meridionale può bastare riservare un sussidio ai meno abbienti”. Insomma, “serve una svolta che impone meno chiusure ideologiche e coraggiosi investimenti produttivi”.

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