Il gup Annalisa Tesoriere ha condannato cinque imputati che tentarono di uccidere Giuseppe, Antonino e Fabrizio Colombo, padre e figli, per le strade del quartiere palermitano dello Zen, nel marzo dell’anno scorso.
Letterio Maranzano è stato condannato a 12 anni, 5 mesi e 10 giorni di reclusione; dieci anni a Pietro Maranzano, Vincenzo Maranzano e Nicolò Cefali; a Giovanni Cefali 11 anni e 4 mesi.
A fare luce sull’agguato una donna che ha testimoniato e ha raccontato quello che successe quella mattina. Già tra i Maranzano e i Colombo c’erano stati dissapori e contrasti.
Tutto sarebbe nato, secondo la donna, da una spallata data scherzosamente da uno dei Colombo a un commerciante dello Zen, all’uscita del bar Cherry. Una scena a cui avrebbero assistito i Maranzano, che avrebbero redarguito Antonino Colombo.
Dietro all’episodio, però, vi sarebbe un astio profondo e risalente nel tempo, secondo l’accusa: i Maranzano, infatti, si sarebbero risentiti per alcune voci secondo le quali i Colombo avrebbero voluto che andassero via dallo Zen, a causa della loro arroganza. Gli indagati avrebbero a quel punto deciso di cacciare loro dal quartiere i loro “nemici”.
Una donna rompendo il muro di omertà degli uomini dello Zen 2 a Palermo ha raccontato tutto ai poliziotti e ha permesso di mettere fine alla guerra che si era scatenata tra i Maranzano e i Colombo.
Dopo l’arresto di Giuseppe Cusimano, ritenuto il nuovo capo nel quartiere, la convivenza tra i due gruppi familiari era diventata insostenibile. Più volte i Maranzano avevano fatto capire ai Colombo che dovevano andare via. Fino all’epilogo che non si è trasformato in un duplice omicidio solo per alcune coincidenze.
Mentre i Maranzano preparavano un raid armato contro i Colombo, la donna che ha aperto uno squarcio nel mondo dello Zen si è rivolta ai poliziotti.
Una scelta dirompente. Se si pensa che in ospedale con le ferite di arma da fuoco sia Giuseppe Colombo, il padre che il figlio Antonino si sono rifiutati di parlare e hanno imposto il silenzio anche alla stessa donna.
Non si doveva dire nulla su cosa fosse accaduto quel giorno prima davanti al bar Chery e poi tra via Patti e via De Gobbis.
Lei invece ha chiamato tre volte il numero di emergenza 112 e ha raccontato all’operatore della sala operativa della polizia che i Maranzano stavano preparando . Ha implorato di intervenire. “Vi prego, stanno per succedere cose gravissime allo Zen”.
L’operatore del 112 ha passato la telefonata alla polizia, la donna ha ripetuto in lacrime il suo urlo di dolore. La centrale ha inviato subito una volante, ma i Maranzano si erano nascosti. Due ore dopo, alle 15, hanno fatto scattare il raid.
Un’indagine a tempo record, che ha potuto contare su una testimone d’eccezione: la donna coraggio dello Zen, è una familiare dei Colombo, adesso è sotto protezione dello Stato. Ha fatto i nomi dei responsabili del tentato omicidio, ha spiegato anche il movente del raid, dopo una lite: “Ho visto una quarantina di persone che si preparavano — ha messo a verbale — c’erano Litterio e Pietro Maranzano, sono andato da loro, gli ho chiesto di chiudere questi discorsi. Litterio Maranzano era molto adirato nei confronti di Antonino Colombo e Giuseppe Cusimano perché speravano che i Maranzano lasciassero il quartiere, considerata la loro cattiveria”.