Quattro indagati hanno risposto alle domande del gip Clelia Maltese nell’ambito del nuovo filone di indagine dell’inchiesta “Sorella Sanità”.
Due hanno scelto di avvalersi della facoltà di non rispondere. L’indagine ruota su un presunto giro di mazzette legati ad appalti dal valore di centinaia di milioni.
Sono stati sentiti Giovanni Luca Vancheri, l’unico ad essere in carcere, il maresciallo del Nas Loreto Li Pomi, difeso dall’avvocato Michele De Stefani, Christian Catalano, difeso dall’avvocato Marcello Montalbano e Giuseppe Bonanno.
Hanno negato gli addebiti e ogni forma di corruzione. Alcuni di loro hanno prospettato una versione diversa su quanto trascritto nelle intercettazioni.
L’imprenditore Massimiliano D’Aleo, sottoposto all’obbligo di dimora, difeso dall’avvocato Giuseppe Di Gesare, e il commercialista Stefano Mingardi hanno deciso di avvalersi della facoltà di non rispondere.
L’inchiesta ruota sulle dichiarazioni rese dall’ex direttore dell’Asp Fabio Damiani e il faccendiere Salvatore Manganaro. Due pentiti che hanno raccontato al procuratore aggiunto Sergio Demontis e dei sostituti Giacomo Brandini e Andrea Zoppi, che per aggiudicarsi gli appalti nella sanità siciliana sarebbe stato sufficiente fare le pressioni giuste e pagare.
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