I fratelli Vincenzo, Salvatore e le sorelle Rosalia e Giovanna sono in guerra tra loro. Liti e denunce sono all’ordine del giorno. Una delle ultime denunce del 2015 fa scattare una nuova indagine e le intercettazioni che si sono rivelate fondamentali per i carabinieri della Compagnia di Lercara Friddi, per trovare i presunti esecutori dell’omicidio di Giuseppe Filippello, ucciso il 10 marzo del 1992 a Palazzo Adriano.
Una delle sorella come si legge nell’ordinanze si rivolge alla figlia e racconta che in caserma dai carabinieri aveva accusato il fratello Salvatore dell’omicidio di Filippello. Era il 17 gennaio del 2015 e i due fratelli si trovavano nella caserma di Prizzi.
Quel giorno la sorella aveva denunciato un’altra per violazione di domicilio. Nel corso della denuncia parlando con un maresciallo, pur rifiutando di verbalizzare aveva raccontato al militare che Salvatore Di Pisa accompagnò il fratello Vincenzo sui luoghi dell’omicidio.
Che fu Vincenzo a sparare a Giuseppe Filippello e che lei si trovava in casa di Salvatore insieme all’ex fidanzata. La donna raccontò che i due fratelli tornarono tardi e e Vincenzo aveva le scarpe sporche di fango. Erano tornati tardi per via dei posti di blocco.
Un racconto che riaprì le indagini sull’omicidio che erano state archiviate. E che ha portato alle ordinanze firmate dal gip Michele Guarnotta dal Tribunale di Termini Imerese. Subito dopo l’omicidio le piste dei militari per cercare di risalire agli autori del delitto erano tre: la prima legata sulla vita privata dalle vittima ritenuto in paese un marito non molto fedele.
La seconda su possibili rapporti conflittuali nel corso delle attività occasionali di capo squadra degli operai forestali. Infine si concentrò sull’attività di allevatore e sulla sua smania di espansione per l’acquisto di terreni.
Filippello poteva essere finito in una guerra dei pascoli. Sono le conversazioni di riportate nell’ordinanza a risalire ai due fratelli come gli assassini dell’allevatore.
Non solo ma la donna aveva affidato ad un’agenda le sue paure e le minacce di morte ricevute dal fratello Vincenzo “che gli avrebbe voluto chiudere la bocca per paura che lei potesse raccontare quello che sapeva”.
Anche per l’omicidio di Vito Damiano avvenuto nel 2007 per riaprire le indagini sono state fondamentali le intercettazioni delle conversazioni della sorella.
La donna conversando con un’amica, come si legge nelle intercettazioni, ha raccontato che ad uccidere l’uomo sarebbero state sua sorella Giovanna Di Pisa, soprannominata Wanna Marchi e il figlio Calogero Marretta.
La donna lo raccontava di avere appreso dell’omicidio avvenuto a Prizzi il 16 settembre del 2007 dagli stessi esecutori. Anche del movente.
I due lo hanno ammazzato perché l’anziano li aveva sorpresi mentre gli stavano rubando alcuni oggetti. Una rapina finita nel sangue che la stessa donna aveva appreso in diretta.
La sera dell’omicidio si trovava in casa della sorella e l’aveva vista ritornare insieme al figlio. I due erano spaventati. Forse l’anziano nella colluttazione le aveva strappato qualche ciocca di capelli che fosse rimasta attaccata nelle mani.
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