Quanto ha inciso la “comunicazione“, e soprattutto i social, sul risultato delle elezioni che si sono celebrate il 25 settembre? Le incursioni dei politici hanno occupato l’intero spazio mediatico. Facebook, Twitter, Instagram e Tik tok sono diventate uno dei campi di battaglia principale della contesa elettorale. Secondi soltanto alla vecchia cara tv. Con Tony Siino proviamo a capire quanto abbia inciso la comunicazione social nelle scelte compiute dall’elettorato. Ospite di Talk Sicilia, Siino, considerato il social media manager “più vincente” spiega come funziona il mondo degli algoritmi e dei selfie. E racconta perchè un selfie o un post possano aver inciso sulla scelta dell’elettorato.
Da Musumeci a Schifani passando per Lagalla, le battaglie vinte da Siino
Siino ha seguito la campagna social del nuovo presidente della Regione Siciliana, Renato Schifani. Ma è anche stato lo spin doctor di Roberto Lagalla e, nel 2017, ha accompagnato alla poltrona più importante di Sicilia, l’allora presidente Nello Musumeci. In gergo calcistico, un hat trick difficilmente replicabile.
“Uno vale uno”, il concept dei Cinque stelle ha cambiato le regole del gioco
Siino ha spiegato perchè sia diventato così necessario “comunicare” in rete: “E’ cambiato l’approccio del politico. Un tempo il politico era una persona che aveva un cursus honorum e quindi aveva studiato e che comunque aveva ricoperto diverse cariche pubbliche. Poi i Cinquestelle hanno sdoganato il concetto uno vale uno e quindi un po’ tutti si sono trovati lì a competere. Nel momento in cui Salvini posta il piatto di pasta o la Meloni fa un selfie, non si fa altro che avvicinarsi all’uomo della strada. La persona comune che fa la stessa cosa. Quindi, è una precisa strategia di comunicazione”.
Siino, “l’algoritmo decide cosa funziona e cosa no”
Ma c’è una grande incognita. Un misterioso intermediario capace di decretare il successo o il fallimento di una campagna social. Siino fa il nome del “colpevole”: “in realtà è l’algoritmo che ti impone certe scelte, nel senso che i contenuti che generano interazioni vanno a trainare altri contenuti. È molto rischioso. La rete veniva proposta, e lo è stata per molti anni, come un contesto di disintermediazione. Prima si parlava molto di questa funzione di gatekeeping, cioè quel cancello virtuale grazie al quale qualcuno decide cosa possa o non possa passare”.
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