Stop a 79 progetti per 338 milioni di euro in Sicilia. Il Comitato interministeriale per la programmazione economica, lo stesso che la scorsa settimana ha finanziato la realizzazione dell’Ospedale Ismett 2 Rimed a Carini e che ha, poi, trovato tre miliardi aggiuntivi per il Ponte sullo Stretto, ha deciso di definanziare progetti siciliani in scadenza al 31 dicembre del 2022.
Si tratta di soldi persi dalla Sicilia in generale ma fondamentalmente dalle tre città metropolitane di Palermo, Catania e Messina, oltre ai progetti sovra provinciali che riguardavano rifiuti, dighe, acquedotti, tutti progetti a valere sui Piani di sviluppo e coesione.
L’annuncio del definanziamento risale al mese di luglio ora il comitato mette in pratica 1quanto già delibera perché non sono state realizzate le “obbligazioni giuridicamente vincolanti” entro la fine del 2022 e del 2023. In pratica i fondi non sono stati impegnati in base ai termini di scadenza previsti.
I fondi che vanno persi per sempre per la Sicilia sarebbero servizi al completamento del restauro del teatro Massimo di Palermo (cinque progetti per oltre sedici milioni di euro); sempre a Palermo 21 milioni per la costruzione di due poli scolastici e altri 3 milioni per l’asilo nido di Brancaccio; quasi 6 milioni e mezzo fra realizzazione di piste ciclabili, recupero dei padiglioni dei Cantieri Culturali alla Zisa e opere per quasi 1 milione (955mila euro) per la copertura del canale Boccadifalco.
Parlando di crisi idrica si perdono fondi in giro per l’isola che servivano per per i lavori alla diga Disueri di Gela (20 milioni di euro), per la messa in sicurezza dell’invaso di Rosamarina (2 milioni), per la sistemazione di vasche e canali delle dighe Olivo e Villarosa nell’ennese (450 mila euro).
Ancora altri lavori avrebbero riguardato la gestione dei rifiuti, l’illuminazione, il rifacimento di strade.
Fra i 338 milioni definanziati, 104 erano, invece, di competenza della Regione siciliana e lo conferma la stessa Regione.
“In riferimento alla notizia del definanziamento complessivo di quasi 104 milioni di euro di risorse del Fsc 2014/20 di competenza della Regione – scrivono da Palazzo d’Orléans – si precisa che si tratta di opere che avrebbero dovuto conseguire “un’obbligazione giuridicamente vincolante” entro il 31 dicembre 2022. Tempistica che ha reso nei fatti impossibile all’attuale governo regionale, entrato nelle piene funzioni il 16 novembre di quell’anno, completare l’intero iter amministrativo che aveva come presupposto la presentazione dei relativi progetti.
L’attuale amministrazione, tuttavia, si è adoperata per salvare il possibile. Infatti, 10 dei 45 interventi definanziati, per un importo complessivo di 12 milioni di euro, sono stati recuperati grazie all’inserimento nella nuova programmazione Fsc 2021/27, sottoscritta con il governo nazionale a maggio scorso.
L’attuale amministrazione ribadisce il proprio impegno a salvaguardare le risorse destinate alla crescita del territorio, nonostante le criticità ereditate, e a ottimizzare gli investimenti per assicurare benefici concreti e duraturi alla comunità siciliana”.
A fronte di questo ennesimo mezzo disastro piovono le provocazioni. “In Sicilia servirebbe un metodo Musk e la creazione di un Dipartimento per l’efficienza governativa sulla falsariga di quanto ha in mente la nuova Amministrazione americana” dice il deputato Nino Minardo, Presidente della Commissione Difesa della Camera dei Deputati.
Provocazione forse sì ma non del tutto. Per Minardo “al netto delle battute la notizia del definanziamento da parte del Cipess di 79 progetti delle Regione e delle tre Città metropolitane impone una riflessione sull’efficienza della macchina amministrativa siciliana. In qualsiasi azienda privata se qualcuno avesse perso 338 milioni come minimo sarebbe stato messo alla porta”.
“Il Presidente della Regione – continua il deputato siciliano – nei giorni scorsi ha annunciato un profondo rinnovamento dei vertici dell’Amministrazione regionale, un approccio che condivido, soprattutto per l’aspetto generazionale, ma che credo non sarà sufficiente a garantire alti livelli di efficienza. Serve una forma di vigilanza per evitare inefficienze e che la nostra terra perda ancora risorse preziose” conclude.