In Italia 1 giovane su 7 ha abbandonato precocemente gli studi: la percentuale nel 2018 è 14,5% e per il secondo anno consecutivo fa registrare “un pericoloso trend” di ripresa della dispersione scolastica; quasi la metà dei bambini e adolescenti non legge un libro oltre quelli scolastici durante l’anno, con profondi divari regionali che vedono Campania (64,1%), Calabria (65,9%) e Sicilia agli ultimi posti (68,7%).
Nel 2008 i ‘non lettori’ erano il 44,7%, dopo 10 anni la percentuale è salita al 47,3%. Sono alcuni dei dati contenuti nell’Atlante dell’Infanzia a rischio, realizzato da Save the Children e diffuso oggi in occasione del nuovo lancio della campagna ‘Illuminiamo il Futuro’ per il contrasto della povertà educativa. Dalla ricerca emergono altri dati: a esempio che circa 1 bambino su 5 non fa sport.
Cresce invece l’uso di internet: nel 2008 il 23,5% dei minori non lo usava quotidianamente, quota che è scesa nel 2018 a solo 5,3%. Nel dossier viene anche evidenziato che su oltre 40 mila scuole, sono oltre 7.000 quelle vetuste e più di 21 mila quelle senza il certificato di agibilità. Anche per questo Save the Children ha voluto rilanciare una petizione on line per riqualificare gli spazi abbandonati da destinare a bambini e ragazzi e mettere in sicurezza le scuole.
Nel Paese, poi, sono oltre un milione e 260 mila i bambini che vivono in condizioni di povertà assoluta; negli ultimi dieci anni sono triplicati: passando dal 3,7% del 2008, pari a 375 mila, al 12,5% del 2018. Di questi bambini, 563 mila vivono nel mezzogiorno, 508 mila al nord e 192 mila al centro. Il dato è contenuto nell’Atlante dell’Infanzia a rischio di Save the Children, diffuso oggi in 10 città in occasione del lancio della campagna ‘Illuminiamo il futuro” per il contrasto alla povertà educativa.
“Si tratta – spiega Save the Children nella pubblicazione curata da Giulio Cederna e dal titolo ‘Il tempo dei bambini’ in cui fa il bilancio della condizione dei bambini e adolescenti in Italia negli ultimi dieci anni – di un record negativo tra i Paesi europei che ha visto un peggioramento negli anni più duri della crisi economica, tra il 2011 e il 2014, quando il tasso dei bambini in povertà assoluta passò dal 5% al 10%. Stesso trend anche per quei bambini e adolescenti che fanno parte della cosiddetta “povertà relativa”: nel 2008 erano 1.268.000 e a 10 anni di distanza sono aumentati a 2.192.000. Proprio considerando la povertà relativa si registrano fortissimi divari territoriali: in Emilia Romagna e Liguria poco più di un bambino su 10 vive in famiglie con un livello di spesa molto inferiore rispetto alla media nazionale, mentre la condizione peggiora in regioni del Mezzogiorno con la Campania (37,5%) e la Calabria (43%). Dall’Atlante emerge anche un altro dato inquietante: sono circa 500.000 i bambini e ragazzi sotto i 15 anni che crescono in famiglie dove non si consumano regolarmente pasti proteici e 280.000 sono costretti ad un’alimentazione povera sia di proteine che di verdure. Nel 2018, ben 453.000 bambini di età inferiore ai 15 anni hanno beneficiato di pacchi alimentari.
Se da una parte sono triplicati i minori in povertà assoluta, dall’altra negli ultimi dieci anni si sono ridotti gli investimenti nella spesa sociale per l’infanzia e per l’istruzione allargando le disuguaglianze. Solo nel 2018, ben 453 mila bambini di età inferiore ai 15 anni hanno dovuto beneficiare di pacchi alimentari.
L’Italia, sottolinea l’organizzazione, resta uno dei Paesi europei che investe meno nell’infanzia, con divari tra le diverse regioni: basti pensare che, a fronte di una spesa sociale media annua per l’area famiglia e minori di 172 euro pro capite per interventi da parte dei comuni, la Calabria si attesta sui 26 euro e l’Emilia Romagna a 316. La crisi economica ha avuto un impatto anche sull’aumento della denatalità. Nel 2008, in Italia i minori erano il 17,1% della popolazione residente, mentre nel 2018 sono ridotti al 16.2%. A compensare solo parzialmente questo fenomeno, la crescita del numero di bambini e ragazzi di origine straniera presenti in Italia: nel 2008 erano poco più di 700.000 e a dieci anni di distanza sono oltre un milione. Oggi più di un residente minorenne su 10 in Italia ha la cittadinanza straniera.