Orientare le imprese e formare gli imprenditori verso progetti di innovazione e ricerca tecnologica attraverso Centri di Competenza ad Alta Specializzazione (competence center) costruiti in parternariato pubblico-privato.
Peccato però che in Sicilia e Sardegna i competence center non esistano, perché non previsti dalla legge n.232 dell’11 dicembre 2016 che li ha istituiti.
E’ questo il motivo che ha spinto il vicepresidente della Regione nonché assessore regionale all’Economia, Gaetano Armao, a scrivere il 10 giugno una lettera al ministro dello Sviluppo economico Luigi Di Maio avente per oggetto il “divario nell’allocazione territoriale” degli stessi centri.
I competence center altro non sono che poli d’eccellenza realizzati con il coinvolgimento di università, centri di ricerca ed imprese, per lo sviluppo del Piano nazionale Industria 4.0.
La graduatoria, redatta sulla base di un bando del gennaio 2018, è stata pubblicata nel maggio dello stesso anno e, come sottolinea Armao nella lettera, “ha confermato la quasi totale assenza delle regioni del Sud del Paese”.
In Italia esistono 8 competence center, che nella fattispecie sono: Manufacturing 4.0 del Politecnico di Torino e dell’Università di Torino assieme a ventiquattro aziende private; Made in Italy del Politecnico di Milano, insieme a 39 aziende e le Università di Bergamo, Brescia e Pavia; Bi-Rex dell’Università di Bologna con un consorzio di 57 soggetti tra cui atenei quali Modena-Reggio Emilia, Ferrara, Parma; Smact dell’Università di Padova che vede anche la partecipazione di Verona, Venezia Cà Foscari e la Iuav, Trento, Udine, la Sissa di Trieste, la Libera Università di Bolzano, la Fondazione “Bruno Kessler di Trento e l’Istituto nazionale di Fisica nucleare locale; Start 4.0 del CNR, nel quale sono coinvolte la Regione Liguria e alcune realtà del territorio; Artes 4.0 della Scuola Superiore “Sant’Anna” di Pisa con tredici tra Università e centri di ricerca e ben 146 imprese; Cyber 4.0 dell’Università La Sapienza di Roma con 37 i soggetti coinvolti tra cui Inail, Cnr e l’Università dell’Aquila; Meditech, dell’Università Federico II di Napoli e del Politecnico di Bari, assieme all’Università di Salerno, Università della Campania “Luigi Vanvitelli” Università del Sannio, Università di Napoli Parthenope, Università di Bari “Aldo Moro”.
Degli otto competence center approvati dalla legge, dunque, cinque sono al Nord, due al Centro, e solo uno al Sud. Nessun centro nelle isole.
Nella sua lettera Armao evidenzia come il Meridione, in ritardo tecnologico, anche questa volta sia stato lasciato indietro e che la distribuzione dei competence center “fa emergere una discriminazione che non solo si riflette sulla corretta distribuzione delle risorse per le infrastrutture, ma che svolge effetti del tutto inversi rispetto all’esigenza della perequazione infrastrutturale necessaria ad affrontare il grave divario che ancora divide il Paese e che così rischia di appesantirsi ulteriormente”.
Scrive ancora Armao: “Va poi segnalato che nessun Centro di eccellenza risulti operativo nelle Isole ed in particolare in Sicilia, a fronte di una popolazione corrispondente all’8,5 per cento di quella italiana. A questo si aggiunga che in Sicilia si registra la presenza di un solo centro (a Catania) dell’articolata rete dei Digital Innovation Hub, di fatto la porta di accesso delle imprese al mondo di Industria 4.0.
Tutto ciò indebolisce ogni sforzo per ridurre il divario digitale tra il Nord e il Sud Italia e determina, solo per fare un esempio, il rischio di vanificare gli ingenti investimenti fatti per potenziare l’infrastrutturazione del Sud con la banda larga e ultralarga. Va peraltro segnalato che il PON legalità 2014-2020, unico in Italia, prevede uno specifico ed ingente finanziamento per la realizzazione del grande Data center di Palermo per la realizzazione del quale questa Regione ha già acquisito il centro direzionale ex-ASI di Brancaccio”.
Il vicepresidente della Regione chiede di “porre urgente rimedio” prevedendo “quindi l’istituzione di un competence center con sede in Sicilia, basato sul partenariato tra le Università locali, CNR, centri di ricerca e le grandi aziende dell’Isola ed in collaborazione con quelle della Sardegna”.
Gli effetti positivi della eventuale presenza di un competence center in Sicilia sono ben desumibili ed Armao li rimarca parlando di “progetti di innovazione, ricerca industriale e sviluppo sperimentale indirizzati in particolare alla necessità per le imprese di superare gli svantaggi derivanti dalla condizione di insularità”.
Ma come si può intervenire adesso per rimediare ad una distribuzione dei centri che ha ignorato la Sicilia e la Sardegna?
“Si modifichino – spiega ancora Armao nella missiva – la legge e il decreto con agevolazioni basate sui principi di coesione sociale e di perequazione territoriale, si riapra il bando e si utilizzino, se necessario, i fondi POC. Si invii ai cittadini ed alle imprese italiane un segnale chiaro che si intende investire sul Sud e sulle Isole, ed invertire la tendenza che vede languire la politica di perequazione infrastrutturale in un settore essenziale, quale é la Digital transformation, per offrire ai giovani meridionali ed in particolare siciliani, una chance per restare a lavorare nella propria terra sottraendoli al drammatico destino dell’emigrazione”.
Armao conclude la lettera ricordando la disponibilità della Regione siciliana “ad individuare insieme con il Governo nazionale una soluzione nell’interesse dello sviluppo economico del Mezzogiorno”.
Non possiamo che augurarci che questa lettera venga tenuta nella giusta considerazione dal destinatario e da chi può davvero adoperarsi per far sì che il Mezzogiorno non sia ancora una volta ingiustamente penalizzato e possa avere l’opportunità di mostrare il proprio saper fare.
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