Il governo Draghi è nato e adesso con il voto di fiducia delle Camere entra nel pieno dei suoi reali poteri di scelta. Nonostante i delusi per la mancata riconferma e gli arrabbiati per il ritorno in campo di uomini e donne di Forza Italia o la nomina di ministri in quota Lega l’esecutivo raccoglie consensi nazionali ed internazionali soprattutto intorno alla figura proprio di Mario Draghi. L’operazione di Italia Viva tesa a far fuori Conte è riuscita perfettamente.
Da queste scelte, però, è rimasta fuori la Sicilia che non ha suoi rappresentanti nell’esecutivo. Così’ nell’isola da giorni impazza il toto sottosegretari e vice ministri. Chi la vuole cotta e chi la vuole cruda ma soprattutto è una corsa alle poltrone.
Preoccupa il fatto che, però, nel discorso, enfatico ed emozionante, tenuto davanti alle Camere mai Draghi abbia accennato al Sud. Non c’è stato riferimento al Mezzogiorno e questo rischia di essere un tema forte dei prossimi giorni, settimane, mesi
Ma il vero tema che non sembra interessare più nessuno è un altro. La Sicilia ha una pattuglia di 61 fra deputati e Senatori eletti alle due Camere per rappresentarla ma resta la cenerentola fra le regioni italiane. Quasi 6 milioni di abitanti, rappresentanza politica consistente, Statuto Autonomistico senza pari ma sempre esclusa dalle scelte importanti. E non sarà un sottosegretario in più o uno in meno a cambiare questa situazione che va avanti da decenni perchè anche gli eventuali nominati sono e saranno sempre imbrigliati in uno schema partitico nel quale le decisioni vengono assunte altrove e ratificate in una logica di sistema che non può tenere conto delle esigenze locali.
Allora usciti dal governo giallo rosso della pandemia come può la Sicilia uscire dalla sua eterna pandemia del non sviluppo? Il governo Draghi è una occasione per il Paese ma può esserlo per tutto il paese Sicilia compresa?
L’Italia non riparte se non riparte il Sud e il Sud non può ripartire senza la Sicilia motore del Mediterraneo ma non soltanto, regione importante anche se marginalizzata, territorio dove lo sviluppo è possibile ed anche velocemente se si toccano le giuste leve.
Ma chi deve guidarlo questo sviluppo? Serve chi possa rapprensetare il territorio nei confronti di un governo che avrà mille emergenze da fronteggiare, mille tirate di giacca. Serve una deputazione seria che possa fare le giuste domande e toccare le giuste leve visto che Draghi non si farà certo inbrigliare nelle logiche di sempre
Ma questa deputazione, quella che rappresenta la Sicilia, è apparsa, fino ad ora, debole, impreparata o disinteressata; attenta più a farsi la guerra o a fare la guerra alla Regione piuttosto che a costruire qualcosa. E quando qualcosa si è costruito è stato nel livello dell’emergenza, per dare risposte che portassero consenso o mettessero pezze alla situazione oggettivamente difficile.
E’ il momento di uscire da questa logica e cogliere al balzo il momento del rilancio, un momento in cui ci saranno anche le risorse, proveniente dal Recovery Fund, che mettono Draghi in una posizione diversa da quella in cui si trovò Monti.
Se Draghi, come lo definiscono gli americani, è un gigante, la Sicilia deve sostenerlo visto che i piedi di questo gigante che è l’Italia poggiano proprio in Sicilia. Piedi che devono essere stabili e garantire equilibrio e movimento.
E allora da osservatori costanti e attenti dell’evolversi della situazione per una volta abbandoniamo il ruolo di ‘voce narrante’ che si limita a raccontare quel che succede, magari togliendo il coperchio a ciò che avviene nelle segrete stanze, e usciamo allo scoperto anche noi con un appello non agli uomini di buona volontà ma a tutti i siciliani, alla così detta società civile, ma anche a quella politica, sindacale, alle forze produttive, dal piccolo al più grande, alle forze impegnate nel sociale, nell’assistenza, nel pubblico e nel privato: facciamo tutti squadra per una volta e diventiamo un pungolo costante nei confronti dei nostri deputati e senatori perchè portino a Roma non le istanze del loro piccolo condominio rosso, giallo, verde, nero, azzurro o di qualsiasi altro colore dell’arcobaleno, ma le istanze giallo rosse della Sicilia, quelle dei colori di una bandiera che diventi rappresentante di un popolo che è parte della più grande famiglia italiana, ma che popolo è o, forse, deve diventare. Ma deve farlo subito, per remare all’unisono in un’unica dimensione
Da qui, allora, l’appello a superare i partiti. L’appello alle forze sociali e produttive perchè si mettano insieme e redigano un piano vero, reale, costruttivo, fattibile. Un piano che indichi poche cose e come farle: subito, per ripartire.
Non dobbiamo più cercare soldi a perdere ma denaro che vada a creare produzione e produzione che crei economia e una economia che crei ricchezza. Il come tocca a chi produce dirlo, il come farlo tocca a chi fa la politica del territorio e non soltanto quella dell’amministrazione.
Insomma, in una parola, un appello ad una Sicilia che sia propositiva, insistente, perfino fastidiosa nei confronti dei suoi rappresentanti perchè si ricordino di fare il loro dovere e di spendersi per la terra che li ha eletti perchè così facendo si spenderanno anche per il Paese che da qui deve ripartire.
Così non va e non può andare. Allora invertiamo l’ordine dei fattori. La Sicilia diventi traino d’Italia. Questo il nostro appello. Vediamo se esistono ancora i ‘Liberi e forti’ dell’appello del 1919 di Luigi Sturzo. Ma non per forza democratici o centristi, non per forza riformisti o conservatori, non populisti o popolari. Liberi da schemi e forti nell’idea da portare avanti. Un appello inclusivo e che non escluda nessuno, ma proprio nessuno.
Ci rivolgiamo a tutte le forze esistenti o da costituire e lo facciamo iniziando a ricordare le loro responsabilità a tutti gli eletti in Sicilia. Ecco i loro nomi per ricordarli noi e ricordarli loro. (Li ricordiamo anche qui). Che si sentano responsabili di quel che sarà. Allori o tenebre dipenderanno anche da loro ma soprattutto da noi.