Ancora un libro su Palermo conquista i lettori, a conferma di quanto fascino emana il capoluogo siciliano, città non a caso designata nel 2018 “capitale della cultura”.
Il libro è “Siamo Palermo” edito da Mondadori e a firmarlo sono Simonetta Agnello Hornby, scrittrice popolare come pochi, e Mimmo Cuticchio, noto oprante puparo e cuntista.
Palermitana d’adozione la prima (sebbene sia nata e abbia vissuto tanti anni a Palermo, l’Agnello Hornby appartiene a una famiglia di origini agrigentine e da tempo risiede a Londra), palermitano doc il secondo.
In “Siamo Palermo” s’intrecciano i ricordi palermitani della Agnello Hornby, da sempre innamorata di questa città che l’ha vista crescere negli anni (che mai si dimenticano) dell’adolescenza e della giovinezza, e quelli, tante volte legati alla sua lunga e intensa attività artistica e culturale, di Mimmo Cuticchio, che richiamano figure e tradizioni appartenenti alle radici ancestrali di un luogo ricco come pochi di suggestioni.
Nel mezzo i monumenti, le bellezze architettoniche, i fatti della storia, gli aneddoti, le specialità culinarie di Palermo, nonché i vizi e i vezzi di chi vi vive. Come si conviene a una Guida tradizionale, sebbene “Siamo Palermo” tutto può definirsi meno che la solita Guida per turisti. Anche per il timbro originale conferito da autori dalla spiccata personalità.
L’Agnello Hornby mette in risalto, a parte certa eccentricità di quell’aristocrazia che per ragioni di censo ne ha circondato l’infanzia, la multiforme umanità dei palermitani, la loro tolleranza e l’inclinazione all’accoglienza e all’integrazione dei diversi. Inoltre, l’autrice de “La Mennulara”, a testimonianza del calore umano dei palermitani, ricorda figure di particolare spessore etico, sia del mondo religioso che laico, quali Giacomo Cusmano, don Giuseppe Puglisi, don Cosimo Scordato, Biagio Conte.
Di contro Mimmo Cuticchio ci fa scoprire una Palermo popolare, dei rioni antichi, dei mercati storici, degli usi del passato. E ci delizia con storie in cui spicca la fantasia dei palermitani. Quelle di Giovanna Bonanno, la “vecchia dell’aceto”, e dei “Beati Paoli”, ma anche di sant’Onofrio e di Rosalia de’ Sinibaldi divenuta “la santuzza”, dove spiccano la singolare fede e il pur controverso sentimento religioso dei palermitani.
Cuticchio ci diverte con i non sense di Nofrio e Virticchio, delle filastrocche e degli scioglilingua della Palermo d’altri tempi, ci racconta le alterne fortune dell’Opera dei Pupi, ci fa conoscere cantastorie e contastorie e con essi la magia della loro “arte”, ci apre gli occhi su un universo di creatività e valori genuini oggi dimenticato.
L’Agnello Hornby e Mimmo Cuticchio, seppure cresciuti in contesti diversi (quello aristocratico da un canto, quello popolare dall’altro) e per quanto talenti in differenti ambiti artistici, sono accomunati in questo libro dall’amore per Palermo e dal gusto di raccontarla.
In tutto. Anche nelle contraddizioni. A partire dal suo antico nome (Panormus, tutto porto) che evoca quel mare a cui oggi la città “dà le spalle” (per dirla con Sciascia) e che è all’origine della sua anima multietnica.
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