Non c’è siciliano che non la apprezzi ed anche i turisti ne vanno ghiotti. Una croccante palla di riso, con o senza punta, panata e fritta con un ripieno che può essere vario ma in ogni caso davvero succulento.
Sul suo genere, maschile o femminile, i siciliani si sono sempre divisi dando vita ad una vera e propria guerra all’ultima vocale.
Si dice arancino – come si usa in Sicilia orientale – o arancina, alla palermitana?
Sulla questione è intervenuta persino l’Accademia della Crusca che con l’ausilio della linguista Stefania Iannizzotto ha effettuato un accurato studio sull’utilizzo delle due parole.
L’Accademia della Crusca considera valide entrambe le forme quindi è possibile dire sia arancino che arancina.
Arancino è una versione un po’ più dialettale. In dialetto siciliano, “aranciu” è infatti il frutto dell’arancio. In italiano diventa arancio. E anche se in italiano il nome dei frutti è di genere femminile, di genere maschile invece sono i nomi degli alberi. Tuttavia, la variante dialettale vuole che si indichi con arancio il frutto, e non l’albero.
Ma andiamo avanti. Il diminuitivo di “aranciu” è “arancinu” ossia “piccola arancia”. Da qui arancino per indicare la pietanza. Ecco che arancino è riconosciuto a pieno titolo, ma se utilizzato nella forma dialettale siciliana.
Dall’altro canto, arancina invece sembrerebbe essere il termine più corretto, se propriamente detto in italiano.
Se si considera di genere femminile il frutto, invece che l’albero, dire arancina risulta più corretto in italiano. Ecco che il genere femminile è utilizzato soprattutto nell’uso scritto.
Comunque la si pensi, o la si chiami, l’arancina rimane sempre e comunque una vera prelibatezza.
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