Una vera e propria emergenza silenziosa: in Sicilia ben sette anziani su cento stanno rinunciando a sottoporsi a esami specialistici o ad assumere farmaci, per motivi di carattere economico e per le attese lunghissime della sanità siciliana. Sono i sindacati che lanciano l’allarme.
Oltre 200 mila persone, sparse da un capo all’altro dell’Isola e affette da problemi cronici di salute, più o meno pesanti ma tutti gestibili a domicilio, dai familiari con l’aiuto e il controllo, anche sporadico, dei medici. Almeno in teoria, visto che, nella pratica, la carica dei 200 mila siciliani over 65 considerati come soggetti fragili, corrispondete al 18% dei circa 1,1 milioni di pensionati presenti sul territorio, “registra oggi grandissime difficoltà nel trovare assistenza socio-sanitaria a casa, sia perché le famiglie, vuoi per l’età media in rapida crescita vuoi per la migrazione dei giovani, hanno una minore disponibilità ad accudire gli anziani, sia perché il nostro sistema sanitario è strutturato soprattutto per le emergenze e le acuzie, e non per dare risposte in questo senso”.
Intanto ben sette anziani su cento hanno rinunciato a esami specialistici e farmaci o perchè non se li possono permettere o perchè ci sono templi biblici per poter accedere alle prestazioni sanitarie da parte degli ospedali. L’allarme viene lanciato dal segretario generale della UilP Sicilia, Claudio Barone, che giovedì prossimo, in un convegno organizzato dal sindacato, discuterà del tema insieme all’assessore regionale alla Salute, Giovanna Volo, partendo da un altro dato, estrapolato dall’Istat: se in tutta Italia solo l’1,2% degli anziani può contare sulle cure domiciliari, nell’Isola l’asticella scende allo 0,7%, “praticamente nulla, mentre c’è da chiedersi per quanto ancora i nostri anziani riusciranno a condurre una vita normale in questa situazione”. Ma come si è arrivati a tal punto? Barone punta il dito verso la legge promulgata nel 2009 dalla Regione per accedere al piano di rientro del deficit sanitario.