Sono passati 16 anni dall’11 aprile 2006, data da ricordare negli annali della storia della lotta alla mafia. Quel giorno, dopo 43 anni di latitanza, veniva arrestato Bernardo Provenzano, l’ultimo capomafia corleonese.
Nicolò Nicolosi, sindaco di Corleone, ricorda l’avvenimento. “Quel giorno – afferma il primo cittadino del comune in provincia di Palermo – mi sono sentito fortunato e insieme orgoglioso. Fortunato, perché da sindaco di Corleone avevo potuto gioire insieme alla grande maggioranza dei corleonesi per la fine della lunga latitanza di Provenzano. Orgoglioso, perché quante più volte da me sostenuto nei pubblici comizi – ossia che la mafia, almeno come noi l’abbiamo conosciuta, violenta, arrogante, stragista stava per essere sconfitta – trovava conferma nell’arresto di Provenzano, la cui lunga latitanza sembrava dar ragione a quanti sostenevano che Cosa nostra fosse invincibile”.
Aggiunge Nicolosi: “Da quel giorno, prima nei ragazzi e poi nelle persone più anziane, ho letto, guardandone il viso e gli occhi, sprigionarsi una luce sempre più viva. Era ed è il segno di una speranza rinata, il frutto di una ritrovata libertà. Speranza e libertà – conclude il sindaco di Corleone – che ognuno di noi ha il dovere di alimentare perché i prossimi anni, i prossimi decenni siano per Corleone, per i corleonesi e per tutti i siciliani, anni di progresso, crescita e sviluppo economico. Anni da vivere in libertà e per la libertà”.
Bernardo Provenzano, capo di Cosa Nostra fin dal 1993 ovvero dall’arresto di Riina, già uno dei tre triumviri alla guida della mafia siciliana anche prima, è morto il 13 luglio 2016 in ospedale a Milano a seguito di una malattia.
La primula rossa venne arrestata in un casolare di Corleone non distante dalla sua abitazione l’11 aprile del 2006. È rimasto al 41 bis in carcere per 8 anni fino al 9 aprile 2014 quando venne ricoverato, sempre in regime carcerario, all’ospedale San Paolo di Milano proveniente dal centro clinico carcerario di Parma. Lì è rimasto fino alla morte.