Centoquarantanove progetti di infrastrutture da realizzare per un totale complessivo dio 2 miliardi e mezzo e di questi 129 divisi fra Gela e Termini Imerese le città di Crocetta e Lumia e gli altri nel messinese per dare spazio anche a D’Alia.
E’ questa la denuncia dei parlamentari siciliani che ha fatto scattare non solo la polemica ma l’ennesimo scontro a tutto campo sul mancato coinvolgimento del Parlamento nella spartizione di una torta da 2,5 miliardi.
Ma nessuno sembra essersi accorto che in realtà le somme disponibili per le infrastrutture in Sicilia dovrebbero essere tre volte tanto. In base agli accordi, agli impegni, alla disponibilità di fondi Fsc e alla distribuzione delle ‘riserve’ del Piano Marshall per il Sud alla Sicilia dovrebbero arrivare non 2 miliardi e mezzo ma circa 7 miliardi e seicento milioni nei prossimi sei anni.
Ma la Presidenza del Consiglio dei Ministri ha concordato con il governo della Regione il finanziamento solo delle opere cantierabili, dei progetti pronti o comunque in grado di andare a bando o a progettazione esecutiva con immediatezza fermando il contatore delle risorse alla somma ottenuta dall’elenco dei progetti finanziabili e dunque a 2 miliardi e mezzo.
In base alla legge di stabilità del 2014, la dotazione finanziaria del Fondo di Sviluppo e Coesione è di 55 miliardi di euro dei quali 44 miliardi disponibili. Questi fondi, proprio per la loro natura ovvero destinati allo sviluppo e alla coesione territoriale, dovevano essere destinati per il 20% al Nord e l’80% al Centro-Sud. Sulla base della delibera Cipe, alla Sicilia spetterebbe il 23,76% dei 32 miliardi destinati al Centro-Sud, pari a 7,6 miliardi di euro nel doppio bilancio triennale (che con la rendicontazione arriva fino a sette anni per l’attuazione delle opere) 2014-2020.
Da Roma, però, l’assegnazione alla Sicilia si è fermata a 2,5 miliardi da spendere fino al 2020. in parte in funzione dei ritardi accumulati visto che i primi due anni sono già andati via, in parte come sprone avendo assegnato anche un obiettivo di spesa che permetterebbe di sbloccare circa 400 milioni di euro nel biennio 2016-2017 portando l’assegnazione complessiva a ridosso dei 3 miliardi. Neanche la metà dell’assegnazione prevista e che spetterebbe alla Regione.
Dunque quello che si sta consumando sembra essere uno scontro non sulla torta ma sulle briciole. Ma la ‘rabbia’ dei parlamentari nasce da questioni di principio non secondarie. La scelta è stata fatta in un tavolo fra il governo della Regione e la Presidenza del Consiglio. Non sono stati coinvolti i territori, non sono stati coinvolti i parlamentari ne il Parlamento. insomma il governo di Roma e Palermo hanno fatto tutto scegliendo da soli.E proprio questa è la contestazione primaria. Un modo di procedere che rappresenta una violazione dei principi essenziali della democrazia parlamentare.
A dicembre il governo Crocetta ha modificato il piano togliendo alcune opere di viabilità primaria che dovrebbero essere inserite nel Piano straordinario Anas da 30 milioni e inserito altri 20 progetti senza modificare l’elenco originario.
Lo scontro di principio è sul mancato inserimento di aree di fiscalità di vantaggio per lo sviluppo fuori da gela e Termini Imerese. i deputati contestano l’assenza di interventi su Priolo ad esempio ma anche tanto altro e adombrano l’ipotesi che si siano favorite le aree elettorali del Presidente e del grande vecchio della polizia siciliana.
Scelte che vengono invece difese e considerato e naturali dal governo visto che sono proprio quelle le aree di maggiore crisi in Sicilia.
Ma la partita, adesso, rischia di abbandonare il terreno tecnico, democratico e infrastrutturale per diventare fortemente politica. Roma non intende tornare a discutere del Piano ormai approvato ma i deputati sono pronti a fare saltare il banco.
Di fatto lo scontro può fornire nuova linfa per chi vorrebbe le elezioni anticipate e non è mai riuscito (e difficilmente ci riuscirà) a ottenerle. sul piatto i fondi per lo sviluppo, ma anche il bilancio di previsione 2016, la legge di stabilità regionale e il rischio che ad un esercizio provvisorio forse illegittimo se ne aggiunga un altro per ulteriori due mesi e poi non si riesca a chiudere la partita.
Nel mezzo i siciliani e i fondi per lo sviluppo e per tutto il resto della convivenza civile che non arrivano
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