Sciopero della fame per protestare contro il decreto che ha bloccato i colloqui con i congiunti in carcere. E’ quanto hanno annunciato i detenuti del carcere Pagliarelli di Palermo che ieri hanno protestato dando fuoco ad alcuni materassi e battendo le stoviglie contro le grate alle finestre.

Oggi il Presidente della Camera penale di Palermo, Fabio Ferrara, accompagnato dal vicepresidente Fabio Bognanni, ha incontrato la direttrice del carcere con cui c’è stato un lungo colloquio.

“La direzione – ha detto Fabio Bognanni- ha detto che provvederà con colloqui via Skype, con un incremento dei colloqui telefonici”. La Camera penale ha, quindi, sollecitato dei provvedimenti “che possano cercare di attenuare la pressione sotto il profilo del sovraffollamento con l’adozione di provvedimenti come la detenzione domiciliare, ove possibile per i detenuti che non hanno commesso gravi reati”.

Sullo sciopero della fame, il vice presidente della Camera penale ribadisce che occorre “un immediato rafforzamento dei Tribunali di Sorveglianza, con distacco dei magistrati che in questo periodo non terranno udienze, per la concessione di detenzioni domiciliari e misure alternative.

Indicazione agli uffici gip per il ricorso rafforzato agli arresti domiciliari in sede di disposizione delle misure cautelari. Indulto per le pene in esecuzione inferiori a due anni. Avviare in Parlamento un serrato confronto sulla ipotesi di amnistia per decongestionare il carico degli uffici giudiziari in questo momento di emergenza”. Con il decreto sono stati sospesi i colloqui visivi con i familiari e i volontari, bloccati i permessi premio ed i lavori all’esterno, le già ridotte attività come il lavoro e la scuola sono chiuse.

Non vi sono più rapporti con l’esterno e si resta soli dinanzi ad un televisore che di minuto in minuto comunica notizie sempre più allarmanti. “L’amnistia e soprattutto l’indulto – aggiunge il vicepresidente – sono le strade da seguire. Occorre altresì in questo momento ridurre fortemente gli ingressi nuovi nelle carceri, rafforzando il ricorso alla graduazione in arresti domiciliari delle misure richieste in carcere, e sospendendo gli ordini di esecuzione per pene residue inferiori almeno a due anni”.

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