I documenti erano perfettamente in regola: contratti, contributi versati, tutto sembrava legittimo. Eppure, dietro la facciata di normalità delle scuole paritarie Scicolone di Cefalù e Ariosto di Termini Imerese, si celerebbe una prassi illegale che ha portato ad aprile agli arresti domiciliari Patrizia Ficicchia, presidente del consiglio di amministrazione della cooperativa La Rocca di Cefalù, e a misure interdittive per altri quattro indagati. L’accusa: caporalato ed estorsione. Una vicenda che ha scosso il mondo scolastico siciliano, ma che ora vede una svolta giudiziaria: la Cassazione ha annullato senza rinvio i domiciliari, sostenendo che il reato di caporalato non sia applicabile a professioni intellettuali come quella degli insegnanti.
I retroscena dell’indagine
L’indagine è partita dalla confidenza di una vittima a un carabiniere, che ha innescato una serie di verifiche. Gli inquirenti hanno scoperto che i professori, per mantenere il posto di lavoro o per acquisire punteggi utili alle graduatorie delle scuole pubbliche, erano costretti a restituire parte del proprio stipendio, spesso attraverso bonifici retroattivi o richieste scritte di pagamento in contanti. Non solo: in una cassaforte furono trovati fino a 15 mila euro in banconote di piccolo taglio e fogli manoscritti con i nomi dei docenti e le cifre restituite.
Una delle intercettazioni chiave mostrava come il sistema fosse orchestrato per sostenere economicamente le scuole. «Come fai a pagare i docenti in una scuola del genere con le spese che abbiamo? La retta degli studenti è di 100 euro al mese. Ti pare che sono mille? Come fai con quei quattro alunni che ci sono a pagare un docente?», diceva una delle indagate al telefono, ignara di essere ascoltata dagli investigatori. La soluzione, secondo le accuse, era un sistema di sfruttamento in cui i professori venivano obbligati a lavorare sottopagati o a restituire l’intero stipendio sotto la minaccia di non essere riassunti alla scadenza del contratto.
La decisione della Cassazione
Secondo la Cassazione, tuttavia, il reato di caporalato – previsto dall’articolo 603-bis del Codice Penale per contrastare il crescente sfruttamento del lavoro, in particolare nei settori agricoli – non può essere esteso alle professioni intellettuali. Questa interpretazione ha portato all’annullamento degli arresti domiciliari per Patrizia Ficicchia, che è quindi tornata libera.
Nonostante ciò, resta aperta l’accusa di estorsione aggravata nei confronti dei dipendenti. I giudici romani hanno rinviato gli atti al Tribunale di Termini Imerese, che dovrà pronunciarsi nuovamente su questa imputazione.
Un sistema diffuso e sistematico
Le rivelazioni hanno mostrato come il sistema fosse ben organizzato e radicato. La cooperativa La Rocca, che gestiva le scuole, sembrava aver reso questo metodo una prassi consolidata per contenere i costi e mantenere basse le rette scolastiche. Ma il prezzo di questa strategia è stato pagato dai docenti, che hanno subito pressioni per accettare condizioni contrarie alla legge e alla dignità professionale.
Il caso non è solo una vicenda di cronaca giudiziaria, ma un campanello d’allarme per le istituzioni scolastiche e le autorità di controllo. La necessità di garantire trasparenza e tutela per i lavoratori, anche in settori apparentemente al riparo dal rischio di sfruttamento, si fa sempre più urgente.
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