A Palermo arriva all’aula bunker il ministro dei Trasporti, Matteo Salvini, per il processo Open Arms. Nel capoluogo sono attesi anche gli ex ministri Trenta e Toninelli.
Salvini in video collegamento per il cdm
Questa mattina Matteo Salvini è arrivato all’Aula Bunker dell’Ucciardone a Palermo, per l’udienza del processo Open Arms. Con il Vicepremier e Ministro c’è l’avvocato Giulia Bongiorno. In Aula sono attesi anche gli ex Ministri Elisabetta Trenta e Danilo Toninelli. Lo rendono note fonti del ministro. Il vicepremier è a Palermo perché è in agenda l’udienza del processo Open Arms. In pieno accordo con il premier, Giorgia Meloni, alla quale ha spiegato l’impossibilità di essere a Roma alle 19, Salvini ha partecipato ieri sera al Consiglio dei Ministri in video collegamento.
Il tribunale acquisisce nuovi atti indagine
E’ stato acquisito al fascicolo del dibattimento il materiale audio, fotografico e video relativo alle operazioni svolte dalla nave Open Arms, ad agosto 2019, durante il soccorso di un barcone carico di migranti, frutto di attività integrativa d’indagine della Procura di Palermo. L’acquisizione della documentazione è stata chiesta dalla difesa del ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini, sotto processo con l’accusa di avere illegittimamente vietato l’approdo alla nave della ong spagnola e ai profughi presi a bordo.
Nel fascicolo le riprese di un sommergibile
Le riprese, effettuate da un sommergibile l’1 agosto del 2019, e i file di conversazioni che coinvolgono l’equipaggio della Open Arms erano stati messi a disposizioni delle parti dagli inquirenti e facevano parte del fascicolo del pm. L’avvocato Giulia Bongiorno, legale di Salvini, imputato di sequestro di persona e rifiuto di atti d’ufficio, ha chiesto che venissero inserite nel fascicolo del dibattimento, che fossero dunque messe a disposizione del tribunale. I giudici hanno anche disposto la trascrizione dei file audio acquisiti. Al fascicolo del dibattimento è stata acquisita anche una consulenza disposta dalla Procura sullo stato dell’imbarcazione soccorsa l’1 agosto del 2019 dalla nave Open Arms. La consulenza è stata realizzata sul materiale video e foto girato prima del soccorso e attesterebbe le precarie condizioni del barcone carico di profughi.
Trenta, diritti umani vanno rispettati sempre
“Io da ministro dell’Interno non mi sarei comportata così. Le nostre battaglie giuste non devono ricadere sui fragili e ci sono diritti umani che vanno rispettati, secondo me seppur in presenza di minacce di terrorismo. I migranti si potevano farle sbarcare e si potevano fare successivamente le verifiche relative alla presenza di eventuali terroristi a bordo della imbarcazione”. Lo ha detto l’ex ministro della Difesa Trenta, teste al processo all’ex ministro dell’Interno Matteo Salvini imputato a Palermo per aver vietato illegittimamente per 20 giorni alla nave della ong spagnola Open Arms di approdare e far sbarcare i profughi soccorsi in mare. “Io credevo comunque che non sarebbe stata una misura sufficiente per avere una maggiore collaborazione da parte della ong e arrivare al risultato di un controllo migliore dell’immigrazione”, ha aggiunto. Trenta, dopo l’annullamento da parte del Tar del divieto di ingresso della nave spagnola in acque italiane, si rifiutò di firmare un nuovo decreto di interdizione.
“N sbarco fu del governo”
“Quando si verificò il caso della nave Diciotti, intervenni parlando con i ministri del mio partito e compresi che il governo era d’accordo a operare così. Poi le cose sono cambiate però perché era cambiato il modo di fare”. Lo ha detto l’ex ministro della Difesa Elisabetta Trenta al processo per sequestro di persona all’ex ministro dell’Interno Matteo Salvini. Trenta ha voluto specificare la differenza tra la vicenda della nave della Marina Diciotti, a cui, ad agosto del 2018, fu impedito l’approdo a Catania con i profughi soccorsi, e quella della Open Arms, oggetto del processo. Nel primo caso l’esecutivo agì compatto. Nel secondo “il divieto di indicare il porto sicuro – ha detto – fu presa da Salvini”.
“Non conoscevo nuovi documenti”
“Non ero a conoscenza di questi documenti sull’attività di un sommergibile della Marina militare, ma io non ero nella linea di decisione rispetto alla opportunità di emettere il secondo decreto. Un decreto di quel genere aveva bisogno di velocità, perché bisognava impedire a una nave di entrare in porto: nel momento in cui il ministro dell’Interno Matteo Salvini avesse ritenuto che per motivi di sicurezza non fosse stato opportuno fare entrare la nave, una verifica fatta da un altro ministro, in un secondo momento, avrebbe creato dei problemi. Quindi, non era proprio nelle mie competenze e comunque non ero a conoscenza di questa attività”. Lo ha aggiunto l’ex ministro della Difesa, Elisabetta Trenta, ai cronisti fuori dall’aula bunker dell’Ucciardone.
Toninelli, “Con no a sbarco Salvini cercava consensi”
“All’epoca della Open Arms non esisteva già più un governo, esisteva una persona, Salvini, che andava in giro, era in campagna elettorale e parlava alla pancia delle persone. Non si facevano più Consigli dei Ministri con ministri che operavano collegialmente. Siccome si sapeva che sarebbe stato sfiduciato il Governo, si stava cercando di monetizzare stressando l’argomento immigrazione che era molto sentito”. Lo ha detto l’ex ministro Toninelli, deponendo al processo all’ex ministro Matteo Salvini accusato di sequestro di persona per aver vietato, ad agosto del 2019, lo sbarco alla nave della ong Open Arms con i migranti soccorsi a bordo. “Dei falli dell’attaccante risponde solo chi li fa non tutta la squadra”, ha aggiunto.
La nuova udienza del processo a Salvini
Salvini è accusato di sequestro di persona e rifiuto di atti d’ufficio. La vicenda risale all’agosto del 2019, quando l’allora ministro dell’Interno costrinse la nostra nave ad attendere 19 giorni davanti al porto di Lampedusa prima di permettere alle 160 persone soccorse di sbarcare in un porto sicuro. Sarranno auditi l’ex ministro dei Trasporti, Danilo Toninelli, l’ex ministra della Difesa, Elisabetta Trenta e Tiziana Liguori, dirigente ministero Interno, chiamati a testimoniare dalla Procura per chiarire le dinamiche di quei giorni e le responsabilità di ciascun ministero nelle decisioni prese in quelle ore”.
Chiarire la cornice entra la quale si svolge la nostra attività
“Alla luce degli avvenimenti di quest’ultimo mese, dell’ennesima aggressione politica ai danni delle ong che operano in mare, dopo che, ancora una volta, donne, uomini e bambini fragili sono stati costretti ad attendere giorni in porto prima di poter sbarcare, subendo violazioni che appaiono sempre più gravi come la selezione arbitraria tra gradi di vulnerabilità e l’utilizzo di definizioni inaccettabili quali “carichi residuali” riferita a esseri umani che, nelle intenzioni di questo governo, avrebbero dovuto essere respinti – ha detto Open arms in una nota – ci sembra sempre più importante poter chiarire in sede giudiziaria la cornice entro la quale si svolge la nostra attività di soccorso in mare, le Convenzioni internazionali che la regolano e le responsabilità di chi ha ricoperto cariche istituzionali in questi ultimi anni”.
Open Arms, “Rispettato il diritto internazionale”
“Continuiamo a ribadire – aggiunge – di aver sempre rispettato il diritto internazionale, la legge del mare e la nostra Costituzione, prova ne è che non una sola inchiesta aperta a nostro carico ha portato ad alcun esito, oggi l’unico ad essere sotto processo è un ministro di questo paese che, con scelte che continuano a rinnovarsi, ha di fatto calpestato i diritti inviolabili di ogni essere umano sanciti dalla nostra Costituzione democratica”.
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