Il Pd siciliano tenta di non implodere. Ci prova ma con scarsi risultati, almeno in questa fase. C’è fibrillazione fra i dem in Sicilia dove Matteo Renzi dovrebbe far tappa, secondo quanto si apprende, tra martedì e giovedì. Mentre la resa dei conti fra la correnti interne, che sarebbe dovuta arrivare oggi in direzione regionale “in un clima da tutti contro tutti”, è solo rinviata.
L’assise non si terrà, slitta a data da destinarsi e non è detto che si faccia più. La discesa di Renzi sembra miri proprio a sistemare le cose anche se la resa dei conti nasce proprio fra i renziani.
Renziani e area dem, infatti, chiedono il commissariamento del partito fino al voto per le politiche e al segretario regionale Fausto Raciti un passo indietro, perché “in Sicilia il Pd è in frantumi e serve un rilancio prima delle elezioni politiche”. Fra il segretario e l’area che aveva contribuito alla sua elezione i rapporti si erano raffreddati da tempo. Da quando, cioè, Raciti aveva iniziato a difendere Crocetta anche per evitare che personaggi di spicco del partito rischiassero di perdere la poltrona da assessore. scelte che hanno condizionato il partito e che sarebbero alla base della sconfitta.
Più cauta, invece, l’area Orlando, mentre l’ex assessore all’Agricoltura Antonello Cracolici, tra i big sponsor proprio di Raciti, che fa capo all’area Orfini riunirà i suoi oggi per cercare di limitare i danni. In fondo Cracolici è una vecchia volpe politica e pur essendo in minoranza nel partito l’ha sempre spuntata lui.
Boccia l’ipotesi di un commissariamento, l’ex governatore siciliano Rosario Crocetta che adesso ricambia il favore avuto quanto era al governo dal segretario ovvero quello della difesa d’ufficio: “sarebbe da sepolcri imbiancati” dice “non voglio esasperare lo scontro con Faraone, né fare polemiche, ma nessuno tocchi Raciti. Il Pd smetta di farsi altro male, basta litigi. Lancio un appello all’unità”.
Per Crocetta “non si può scaricare su Raciti” le responsabilità della sconfitta alle regionali che “ha avuto radici nelle divisioni interne e nella decisione di replicare un modello fallimentare e cioè il modello Palermo”. Insomma non si è perso per effetto dei disastri del suo governo ma per aver scelto di imbarcare Orlando e starlo ad ascoltare.
A fugare dubbi su una presunta convergenza dell’area interna ai dem che fa capo al ministro della Giustizia Andrea Orlando sulle posizioni dei renziani – dopo l’apertura a Caltanissetta di Giuseppe Beretta sulle dimissioni di Raciti, è Antonio Ferrante, componente dell’assemblea nazionale del Pd. “C’è chi oggi vorrebbe,ancora una volta, giocare a scaricabarile, la responsabilità è collettiva e di una classe dirigente che vede in Faraone uno dei protagonisti assoluti della sconfitta. Beretta parla a titolo personale”.
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