“Il ministero della Salute ha riconosciuto la sindrome fibromialgica come una malattia cronica invalidante. Il primo passo importante perché possa essere finalmente inserita tra le prestazioni previste dai Lea (Livelli essenziali di assistenza). Colpisce circa due milioni di persone, eppure nonostante la gravità dei disturbi, dell’impatto sociale e sanitario, che necessitano di un percorso assistenziale definito, l’Italia rimane ancora uno dei pochi Paesi europei in cui non è stata ancora riconosciuta dal Servizio sanitario nazionale tra le malattie croniche per le quali è prevista l’esenzione dalla compartecipazione alla spesa sanitaria”. Lo dice il presidente dell’Ordine dei medici di Palermo, Toti Amato.
A spiegare la sindrome il consigliere dell’Omceo Daniela D’Angelo, nonché componente del Cfu-Italia, il Comitato Fibromalgici Uniti che nel 2017 ha presentato al ministero e a tutti gli enti di competenza la documentazione scientifica prodotta dallo stesso Comitato e dall’A.I.S.F. (l’Associazione italiana per la sindrome fibromialgica) e che oggi ha prodotto il primo grande risultato: fare uscire dall’invisibilità chi ne è affetto. “La fibromialgia è come una malattia ‘fantasma’ perché poco conosciuta, una condizione che aggiunge ai tormenti fisici anche la sofferenza emotiva perché l’ammalato non vede riconosciuti i suoi gravi disturbi. Si presenta con dolori cronici muscoloscheletrici diffusi associati a molti altri sintomi spesso invalidanti, come affaticamento, tensione e rigidità muscolare, alterazione dell’umore, disturbi del sonno e della concentrazione. Colpisce soprattutto le donne tra i 20 e i 50 anni, con un’incidenza rispetto agli uomini di 8 a 1″.