Sì sono riservati di decidere i giudici del tribunale di sorveglianza di Palermo che dovranno pronunciarsi sulla istanza di sospensione dell’esecuzione della pena per incompatibilità col carcere legate a gravi disturbi psicologici dell’ex presidente della sezione misure di prevenzione di Palermo Silvana Saguto. La magistrata processata e condannata tra l’altro per corruzione è in carcere dalla pronuncia della Cassazione che ha confermato la pena di sette anni e dieci mesi a lei inflitta dai giudici della corte d’appello di Caltanissetta. Saguto, accusata di avere gestito in modo clientelare le nomine degli amministratori giudiziari dei beni confiscati alla mafia, al momento dell’arresto era ricoverata in una clinica di Palermo.
I consulenti della difesa “Sta male, non può stare in carcere”
Alcuni giorni fa, i consulenti della difesa dell’ex presidente della sezione misure di prevenzione del tribunale di Palermo attestarono che le condizioni psicologiche dell’ex giudice, arrestata dopo che la sua condanna a 7 anni e 10 mesi per corruzione, falso e abuso d’ufficio è diventata definitiva, sono incompatibili con il carcere.
Saguto è stata arrestata a fine ottobre mentre era ricoverata in una clinica palermitana. Il suo avvocato, Ninni Reina, ha già chiesto la scarcerazione per motivi di salute dell’ex magistrata, radiata nel corso delle indagini. L’istanza è stata respinta dal magistrato di sorveglianza.
Legittimo l’arresto dell’ex giudice Saguto, lo conferma la Corte d’Appello
Alcune settimane fa, i giudici della Corte d’Appello di Caltanissetta dichiararono legittimo l’arresto dell’ex giudice Silvana Saguto, del marito, Lorenzo Caramma, e dell’avvocato Gaetano Cappellano Seminara, amministratore giudiziario e braccio destro per anni dell’ex presidente della sezione Misure di prevenzione del tribunale di Palermo.
I giudici confermarono la correttezza dell’operato della Procura generale nissena, che aveva disposto il carcere per i tre in seguito alla sentenza emessa dalla Cassazione nell’ambito del processo nato dallo scandalo nella gestione dei beni confiscati. Ciò perché la revisione della pena non potrà scendere sotto i limiti che prevedono la carcerazione
Venne accolto il ricorso presentato dall’avvocato Lillo Fiorello per il professore Carmelo Provenzano dell’università Kore di Enna, che è tornato quindi libero: nel suo caso, come ha sostenuto la sua difesa ed ha riconosciuto anche la Corte, la pena potrebbe essere effettivamente rideterminata con il nuovo processo d’appello, dunque la condanna a 6 anni e 8 mesi non è definitiva.
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