Poteva essere una autentica tragedia. Per fortuna non ci furono vittime, ma dal 29 maggio del 2009 ben 173 persone danneggiate aspettano giustizia.
Si tratta di alcuni passeggeri – in tutto erano 526 – che si trovavano a bordo del traghetto Vincenzo Florio della Tirrenia, in viaggio da Napoli a Palermo.
Intorno alle 3.30 di quella notte che nessuno potrà dimenticare sul traghetto si sviluppò un incendio.
Come scrive il Giornale di Sicilia, tra indagini, perizie, controperizie e cambi di imputazione, e anche l’annullamento di un primo processo appena iniziato, il 6 febbraio, dopo quasi 11 anni dai fatti, inizierà davanti al gup Roberto Riggio l’udienza preliminare.
Gli imputati sono quattro: il comandante Aurelio Oliviero, il direttore di macchina, Pasquale Cummaro, il primo ufficiale di macchina, Gaetano Veniero, e il coordinatore di un ufficio tecnico della Tirrenia, Antonio Vendittis.
Quando scoppiò l’incendio, che sarebbe partito dal garage del ponte 6, il traghetto si trovava a 25 miglia da Palermo, all’altezza dell’isola di Ustica.
Secondo quanto ricostruito dalla Procura, il comandante in un primo momento aveva tentato di continuare il viaggio, ma poi decise che fosse meglio abbandonare la nave con le scialuppe di salvataggio.
A bordo c’erano numerosi bambini, una scolaresca di Avellino, una donna incinta ed i viaggiatori proprietari di decine di macchine e camion dei quali tornarono in possesso solo dopo mesi.
I passeggeri vennero soccorsi da un altro traghetto, il Sardegna della Snav che li condusse al porto di Palermo.
Una trentina di persone, soprattutto membri dell’equipaggio del Vincenzo Florio, rimasero intossicati dal fumo.
Dopo l’incidente, l’imbarcazione venne sequestrata e partirono le indagini.
Nel 2010 vennero iscritti nel registro degli indagati il comandante Oliviero e gli altri tre. Furono necessari complessi accertamenti tecnici e si arrivò alla prima udienza preliminare nel 2016.
Il gup Maria Cristina Sala rinviò a giudizio i quattro imputati che, secondo l’accusa, avrebbero prima contribuito a provocare e poi non avrebbero impedito il naufragio del traghetto.
Nello specifico, sarebbe stato ordinato l’utilizzo delle ventole antincendio, ma senza fornire indicazioni chiare: un fatto che secondo la Procura avrebbe finito per alimentare il rogo sulla nave.
Il 7 febbraio del 2017, davanti alla quarta sezione del tribunale, si era aperto il processo ma intanto l’accusa aveva modificato il capo di imputazione, da disastro doloso a naufragio doloso.
Gli avvocati degli imputati avevano sostenuto che non avrebbero potuto partecipare adeguatamente in udienza preliminare su questa nuova accusa e i giudici gli avevano dato ragione, così il decreto di citazione a giudizio era stato annullato ed il processo era tornato al punto di partenza.