Pietro Morreale avrebbe cercato in tutti i modi di depistare le indagini sulla morte di Roberta Siragusa, la giovane di 17 anni uccisa a Caccamo la notte tra il 23 e il 24 gennaio dello scorso anno.
E’ quanto emerso nel corso dell’udienza nella quale sono stati sentiti i primi testimoni per cercare di ricostruire cosa è avvenuto quella notte.
Lo ha fatto attorno alle 7.37 quando ha iniziato a mandare messaggi al telefono di Roberta, mettendo in scena secondo gli investigatori un’esasperata preoccupazione. “Viii”, Viii”, “Viii”, Amoooo”, “Cazzo Fai”, “Non ho potuto dormire”, “Mi hanno fatto 1000 chiamate tua madre e tuo frate”, “Dove sei”, 1 ora di sonno ho”, “Dove cazzo sei”. Sono tutti i messaggi che l’imputato ha mandato al telefono che, per i pm, era già stata assassinata e bruciata nei pressi del campo sportivo di Caccamo e Pietro Morreale mandava messaggi al cellulare della fidanzata.
Oggi in aula sono stati sentiti il luogotenente dei carabinieri Alessio Cuccia, comandante della stazione di Caccamo, il brigadiere Michele Del Gaudio in servizio a Caccamo e il tenente della Compagnia dei Carabinieri di Termini Imerese Nicola De Maio. All’udienza hanno preso parte gli avvocati della famiglia Sergio Burgio e Giuseppe Canzone, Giovanni Castronovo e Simona Lo Verde e il difensore di Pietro Morreale, Gaetano Giunta.
Il maresciallo Cuccia ha riferito di avere avuto il primo contatto con Pietro Morreale che si trovava in compagnia del padre Ivan davanti alla caserma dei carabinieri di Caccamo.
Il fidanzato avrebbe riferito al maresciallo che Roberta dopo una lite si sarebbe data fuoco utilizzando della benzina che si trovava all’interno della propria autovettura. Un racconto che sarebbe stato smentito dallo stesso padre Ivan che aveva riferito ai carabinieri che il figlio era rientrato a casa alle quattro ed era e che alla notizia della morte di Roberta era pure svenuto. Da quel momento sono iniziate le ricerche del corpo della giovane che veniva trovato a Monte Rotondo.
A ritrovarlo lo stesso maresciallo Cuccia. Il corpo in parte carbonizzato di Roberta seminuda riversa sulla roccia. Nel dirupo dove è stato trovato il corpo non c’erano tracce di incendio. Il corpo come mostrato dalle immagini del sistema di video sorveglianza nei pressi del campo di calcio era stato dato alle fiamme lì.
Qui sono state trovate le chiavi bruciate che sono state riconosciute dai familiari. I militari oltre alle immagini dei sistemi di videosorveglianza in paese hanno ricostruito gli spostamenti di quella notte grazie al segnale fornito dal Gps montato dall’assicurazione sull’autovettura in uso a Pietro Morreale.
Grazie alle immagini della videocamera del campo sportivo si sono ricostruiti i movimenti di Pietro Morreale che è rimasto in auto spostandosi in una posizione più vicina alla telecamera mentre il corpo di Roberta continuava a bruciare.
Mentre la giovane moriva Pietro Morreale, come ricostruito dai carabinieri, contattava un amico con il quale si metteva d’accordo per giocare da li a poco con la play station. Questa circostanza veniva confermata secondo il racconto del tenente, dall’amico che aveva ricevuto questa telefonata